Tra i pascoli del Cansiglio nella fattoria didattica
Luca Pancotto e Sonia hanno fatto rivivere l’alpeggio di Fossa di Sarone Il ritorno al lavoro contadino è diventato anche un progetto culturale

La rivoluzione giusta. Potremmo chiamarla così la storia di Luca Pancotto e Sonia Della Libera, gestori romantici della malga Fossa di Sarone, in provincia di Pordenone. Situata ai piedi del Cansiglio e a qualche chilometro da Caneva, questa struttura è bene ancorata a terra, come d’altronde lo sono i piedi di questa famiglia capace di trasformare un territorio difficile in un eliseo resistente. «È cominciato tutto quando io e Sonia abbiamo deciso di abbandonare i nostri precedenti lavori» commenta Luca. «Io facevo il geometra e mia moglie lavorava in uno studio di commercialisti. Il mondo delle malghe ci era pressoché sconosciuto, ma non ci siamo dati per vinti». Eccola qui l’ennesima emersione del desiderio di fermarsi e di ricominciare da zero, con il pregio di potersi fregiare anche di crediti particolari. «Siamo l’unica malga di tutta la regione accreditata come fattoria didattica. Lavoriamo tanto con i bambini» che in fondo è un modo intelligente di contribuire al miglioramento della società in cui viviamo. Una direzione che dovrebbe essere regola, non eccezione.
A febbraio di quest’anno la scrittrice parmense Antonella Iaschi ha curato un volume dal titolo “La malga spiegata agli adulti”, con le fotografie di Villiam Cavasso, che bene ha interpretato l’approccio educativo che la famiglia Pancotto riserva ai più piccoli, ma soprattutto ai meno cresciuti. «Ai giovani che vengono qui per passare un po’ di tempo con noi ripeto sempre che per essere pronti a resistere devono almeno assistere a quanto bellezza c’è nel fare il contadino; devono vivere la quotidianità e rispettare il ciclo della vita, che è un po’ il ciclo della Natura» sostiene Luca, convinto «della bontà che risiede nel recupero del rispetto verso chi faceva questo mestiere molto tempo prima».
Quando hanno iniziato, a fine giugno del 2012, la malga versava in uno stato d’abbandono evidente. «L’asta era andata deserta. Il comune ci ha chiamati. Nell’area antistante la malga c’erano sassi dappertutto, abbiamo bonificato, arrivavano molti cinghiali. Abbiamo voluto portare avanti la sapienza dei nostri avi, di chi amava la montagna prima di noi». Parlare con Luca è come farsi raccontare quelle favole buone che i nonni raccontavano una volta. Gli occhi di questa famiglia sono trasparenti come il vetro, che a differenza delle forme casuali che uno specchio crea, non riflette visioni distorte della realtà. Luca e Sonia sono convinti – e che bello sentirlo – che i ragazzini che qui arrivano da buona parte della regione siano i depositari del futuro di questi pascoli e di queste cime. Saranno loro a mungere le vacche, a sistemare gli imprevisti, a leggere una favola buona ai nipoti. Proprio come si faceva una volta. «Devono imparare presto altrimenti quando ci sarà bisogno di loro non saranno pronti», mi ha detto Luca quando son salito a questi 1005 metri di altitudine. Potrebbero suonare alla stregua di profezie, a noi che abbiamo disimparato la forza dei polsi, l’emozione di un bacio della buonanotte, la condivisione la camerata assieme a chi non conosciamo.
La giornata inizia con una sveglia che suona alle 7. Stalla, mungitura, colazione e poi ci si cimenta con le attività principali come la produzione del formaggio di malga, della ricotta affumicata e del primo sale, la pulizia della cucina, rifare i letti, portare le mucche al pascolo; questi ragazzini – circa un centinaio ogni anno – imparano in fretta. Lo fanno perché Luca li tiene in allenamento: «È come avere a disposizione dei giocatori in panchina. Se non li tieni in considerazione difficilmente faranno la differenza una volta in campo».
Fossa di Sarone fa parte del circuito delle Piccole Produzioni Locali, negli anni è stata oggetto di tesine da parte di studenti delle scuole superiori e nei prossimi mesi verrà inserita in una tesi di laurea sulle fattorie didattiche di una studentessa dell’Università di Udine. «Ci sono dei momenti in cui ripenso al lavoro che svolgiamo con i bambini e penso a quanto importante sia la trasmissione di uno sguardo diverso sul mondo, che altro non è se non il diritto ad avere una vita più giusta» racconta Sonia. È vero, ci sono delle regole nel mondo in cui viviamo,ma arrampicandoti fino a qui capisci che non sono autoritarie. Sono le leggi della Natura del buon senso, quelle dell’impegno e della partecipazione, della fatica e del gallo cedrone che ha nidificato a due passi da qui. «Quando abbiamo i bimbi tutti mangiano quello che c’è. Alla sera, finita la cena passano uno a uno a mostrare a Luca il piatto lucente».
Per arrivare fino a questa malga da Caneva bisogna prendere la strada che conduce al castello e imboccare la strada della Resistenza; arrivati a un bivio dove è presente la malga del Titti si gira a destra fino a trovare – finalmente – il cartello che introduce la meraviglia che Luca e Sonia, con il loro sudore e con le loro buone anime hanno fatto rivivere.
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