Tra Benandanti e Panzer un vertiginoso viaggio nel Friuli più sotterraneo
L’esordio narrativo dell’imprenditore Carlo Alberto Marsiletti. Un giallo storico, sullo sfondo la Cartera di Passariano

Esiste, tra le cose belle e segrete delle risorgive friulane, un edificio antico, una sorta di castello merlato, costruito dall’ultimo doge della Serenissima, Ludovico Manin, alla fine del ‘700, quasi di fronte alla fastosa residenza di Passariano, in fondo al rettilineo che dalle esedre della Villa punta a sud.
L’edificio è lì, ma dalla strada non si vede, è una presenza/assenza: eppure ha tante storie da raccontare, è la Cartera di Passariano, che finalmente ha trovato un narratore capace di catturare l’attenzione del lettore, con le storie spesso sepolte nei secoli andati, ma con la magica capacità di risalire a galla, con la forza dell’acqua di risorgiva, cristallina e potente.
Stiamo parlando dell’esordio narrativo di Carlo Alberto Marsiletti, classe 1945, figura tra le più note del Pordenonese, e non solo, tra finanza e industria, ma discreto al punto da “firmare” il suo primo libro con l’anagramma di nome e cognome, Alberto Mario Scrattelli, perché non è su di sé che voleva attirare l’attenzione ma sulle storie che sentiva di “dover” raccontare e sulla Fondazione da lui creata per gli adolescenti in difficoltà, ragazzingioco.it, alla quale vanno tutti i proventi delle vendite.
Il risultato dell’impegno creativo è I fiumi sotterranei, un libro di quasi 400 pagine, edito da Albatros di Roma, che forse si può definire un “giallo storico”, animato da personaggi di fantasia calati in contesti storici e sociali assolutamente reali.
L’abilità del narratore è anche quella di incatenare l’interesse di chi legge grazie ad un’accorta struttura da “noir”, dove ogni capitolo si ferma un attimo prima della sua risoluzione, e le vicende narrate viaggiano in maniera vorticosa al di là delle dimensioni ordinarie di spazio e tempo.
Tutto nasce dall’interesse del protagonista, Antonio, che ha appena acquistato la Cartera, recuperata dopo un lungo periodo di abbandono: viene a conoscenza di una “vox populi” che parla insistentemente di un Panzer tedesco dell’ultima guerra, che deve essere sepolto proprio lì, da qualche parte, nella torba spessa e profonda delle sponde del Ghebo, l’acqua di risorgiva che lambisce da sempre l’edificio, costruito dai Manin per arricchire la loro azienda agricola “di terra” con la produzione della carta, allora preziosissima e molto richiesta in tutta Europa.
Dalle ricerche di Antonio sulla storia della Cartera nasce questo vertiginoso viaggio nel Friuli più profondo e visceralmente legato ad una dimensione religiosa e contadina della vita.
Dentro le 400 pagine del romanzo ci sono molte storie, con continui “flashback” tra l’epoca dei Benandanti, la seconda guerra mondiale e il Friuli dei giorni nostri: “Sono le storie che si intrecciano tra loro, senza una logica apparente, a convergere in un fluire unico ed a creare il canovaccio del racconto”, scrive Marsiletti nell’introduzione. Si va infatti dalla fine del Terzo Reich all’Argentina dei generali golpisti, dalla P2 di Licio Gelli all’assassinio mai risolto di Olaf Palme, e non manca addirittura una “Operazione Cartera”, che avrebbe tentato di portare Hitler sano e salvo dall’altra parte del mondo.
Ma in tutto questo, l’autentico protagonista è il misterioso edificio della Cartera di Passariano, che già fu lo sfondo delle lotte partigiane raccontate da Elio Bartolini nel romanzo “Il ghebo”, e ora ritorna come autentico “genius loci” delle risorgive friulane, metafora di una idea della Storia che scorre sotterranea ma è capace di riemergere con una forza inarrestabile.
Le energie si ricompongono in superficie, la lotta tra Bene e Male si placa nell’ammirazione incantata della Natura, ritratto vivente di una ricerca spirituale dell’Assoluto: l’affascinante affresco storico di Marsiletti si conclude qui, lasciandoci un’opera prima che va ad arricchire il già qualificato panorama della letteratura di queste “non più terrene latitudini”, come le chiamava Novella Cantarutti in una lettera a Pier Paolo Pasolini.
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