Teodora, Felicita, Morosina: regine di arti e moda nella Venezia dei dogi

La mostra allestita al palazzo Vescovile di Portogruaro: si rende omaggio alla “Dogaressa tra storia e mito”

Franca Marri
La dogaressa Pisana Corner, 1763 circa, pastello su carta. Museo di Palazzo Mocenigo
La dogaressa Pisana Corner, 1763 circa, pastello su carta. Museo di Palazzo Mocenigo

Nei tempi di massimo splendore della Serenissima, con il loro sostegno alle arti e alla cultura, oltre che ad alcune attività imprenditoriali, sono state delle autentiche “first lady” ante litteram. Per la prima volta un’esposizione intende richiamare l’attenzione su di loro e raccontare le loro storie.

“La dogaressa tra storia e mito. Venezianità al femminile dal Medioevo al Novecento” a Palazzo Vescovile di Portogruaro, viene a far luce sul ruolo e l’importanza della consorte del doge esplorando una venezianità tutta al femminile dagli aspetti ancora sorprendentemente poco noti.

La mostra, coordinata da Chiara Squarcina, dirigente attività museali della Fondazione Musei Civici Venezia, con Pietroluigi Genovesi, è curata da Daniele D’Anza e Luigi Zanini per MUVE, e da Pierpaola Mayer per il Distretto Turistico Venezia Orientale.

Articolata in cinque sezioni propone opere pittoriche, incisioni, vetri, stoffe, merletti, carte da gioco, volumi, manoscritti, provenienti dalle collezioni civiche veneziane cui si aggiungono due prestiti importanti quali il “Ritratto del doge Alvise Mocenigo” di Jacopo Tintoretto dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia e il dipinto di Francesco Hayez “I due Foscari” dagli Uffizi di Firenze.

Tra le prime dogaresse ricordate nella sezione intitolata “Opulenza bizantina e morigeratezza veneziana” c’è Teodora, moglie del doge Domenico Selvo (1071-1084), grazie alla quale viene introdotta a Venezia l’arte profumiera, sviluppata nei secoli successivi tanto da far diventare la città lagunare una delle capitali del profumo. Vengono esposti porta profumi veneziani in vetro di Murano risalenti al XVII e al XVIII secolo insieme ad alcune materie prime che è possibile odorare.

Si analizza quindi la moda delle dogaresse a partire dall’austerità della dogaressa Felicita Malipiero ritratta nello scomparto di predella attribuito alla bottega di Giovanni Bellini accanto al marito, il doge Pietro Orseolo, per poi giungere ad osservare gli abiti più sontuosi delle dogaresse di epoche successive.

La sezione dedicata a “Patrocini virtuosi e nobile erudizione” evidenzia l’importanza del favorire alcune attività artigianali come nel caso della dogaressa Giovanna Dandolo, moglie di Pasquale Malipiero (1457-1462), particolarmente attenta alla stampa e ai merletti, che contribuì a far di Burano il primo centro al mondo del merletto.

Segue la sala dedicata alla cerimonia d’incoronazione della dogaressa con dipinti e incisioni a dare un’idea dello sfarzo descritto nelle cronache del tempo quali ad esempio quelle che riguardano Morosina Morosini, moglie del doge Marino Grimani (1595-1606), per la quale investitura “concorse tanta gente da tutte le parti d’Italia per vedere così grande apparato, che in poco tempo la gran città di Vinetia fu ripiena tutta di forestieri”.

Allora vennero impiegate diverse settimane per l’allestimento degli apparati effimeri e la messa a punto del cerimoniale, con il coinvolgimento di diverse maestranze ma pure con una spesa così elevata da suggerire qualche anno dopo l’abolizione di tale tradizione.

Alle dogaresse del XX secolo è dedicata l’ultima sezione riprendendo l’appellativo dell’Ultima Dogaressa assegnato a quelle donne che si sono distinte per il patrocinio riservato alle arti e che hanno dato lustro a Venezia quando la Serenissima Repubblica era ormai decaduta.

Tra queste c’è Anna Morosini, raffigurata nel dipinto di Lino Selvatico, solita a ricevere nel suo palazzo sul Canal Grande personalità quali Rainer Maria Rilke, Gabriele d’Annunzio, Maurice Maeterlinck, il Principe von Bulow o lo Scià di Persia. E c’è pure la collezionista e mecenate americana Peggy Guggenheim ricordata con il suo abito in organza di seta firmato Ken Scott, pittore e stilista di cui organizzò la prima mostra personale nel 1944. In omaggio al territorio in cui viene ospitata la mostra, aperta fino al 19 maggio, vengono poi dedicati dei focus a Isabella da Passano signora della Frattina, Lucia Memmo e Marta Marzotto.

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