Tedeschi: l’energia? La trovo in scena

Il grande Gianrico, 93 anni, ancora al lavoro con “Farà giorno”, martedì 12 al Comunale di Cormòns
Di Gian Paolo Polesini

Il tempo è assolutamente irrilevante. Per lui, sì. E non l’ha lasciato mica scorrere via nell’ozio, che uno potrebbe dire: beh, si è conservato così perché ancora in garanzia, tanto poco ha consumato di sè. Macchè. È dal 1947 che Gianrico Tedeschi persevera con l’amato teatro. Sessantasei anni di lavoro indefesso; e c’è chi va in pensione ben e ben e ben prima. L’artista, poi, si logora. Sembra la vita bella - e lo è anche, certo - ma ogni sera a guardare negli occhi la gente, col malumore addosso, o col buonumore, non importa. La tua faccia devi per forza sostituirla. Oddio, ovvio, certi lavoracci son peggio, eccome. Ma non stiamo adesso a questionare, altrimenti non se ne esce.

Il sor Tedeschi è pronto. Come lo è sempre stato. Spedito in guerra patì la prigionia nei campi di concentramento. Salva la pelle (ah, è bene ricordare il nome di uno dei suoi compagni di sventura, un certo Giovannino Guareschi, ecco) s’iscrive all’Accademia e, sventolando ancora il diploma, passa subito agli ordini di Giorgio Strehler. Non malaccio come entrata nel mondo. Ne ha fatte di cose. Prosa a non finire, cinema, parecchio, e gli indimenticati Caroselli della caramelle Sperlari. A riassumere l’intera collezione si rischia di finire sotto Natale.

Altro giro, l’ennesimo altro giro. A 93 anni quasi tutti i dopocena va sul proscenio come Renato, un ex partigiano con spirito acceso in combutta casuale con un bulletto di quartiere dalle idee opposte. La vede a destra, il ragazzo. Lo scontro è reale. Il giovanotto sbatte la macchina dell’anziano in retromarcia, e decide di scontare la pena offrendosi per piccoli lavoretti casalinghi. Figuriamoci gli effetti.

Farà giorno questo racconta. Ha la duplice firma di Rosa A. Menduni e di Roberto De Giorgi. Regia di Piero Maccarinelli. Giustappunto la commedia è in zona Friuli. Martedì 12 sarà al Comunale di Cormons. E andrebbe vista. Spieghiamo. Gianrico è l’ultimo colosso della prosa italiana e se passa dalle parti di casa tua non farci una visita è delittuoso. Pensiero personale. Aggiungiamoci un testo scritto di fresco, rarissimo da intercettare. La drammaturgia italiana non è del tutto ferma come il vino. Ci si regge sullo spremuto Pirandello o sull’altrettanto sfruttato Goldoni, due peninsulari che ancora danno da vivere a tanta gente, okey, ma non si può confidare soltanto su loro, eh. I secoli passano e i fulcri cambiano.

- Dunque, caro signor Tedeschi. Dove compra tutta ’sta energia?

«Boh, quando metto i piedi sul palcoscenico la trovo già lì che mi aspetta. E la piglio».

- Un personaggio cucito addosso, non le pare?

«A quanto so l’hanno scritto pensando a me. Leggo e mi piace».

- Tre generazioni a confronto. Il novantenne, la cinquantenne, è la figlia ritrovata, e il ventenne. Un garbuglio intrigante.

- Fossi un sociologo le saprei rispondere, sono un attore, ahimè, e conosco solamente il linguaggio a me più caro. Le dico di più. Vorrei essere sempre giudicato come artista, quando scendo dal palco smetto di essere ciò che sono».

- Tutto d’un pezzo, uomini veri. Oggi, invece...

«Ho sempre cercato l’umiltà ravvivandola con l’arroganza. Bonaria, s’intenda».

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