Odette Copat, il Dàruma dei desideri
Dal 7 maggio in libreria il romanzo della scrittrice pordenonese edito da Bompiani. Protagonisti una donna ironica, suo figlio, un cane e una statuetta giapponese

«Mi chiamo Luisa Marini, ho un figlio di quattordici anni, un cane di due e un mutuo di dieci. Sommati fanno ventisei anni di responsabilità. Pari alla durata di un ergastolo, al netto della buona condotta. Nel mio caso tutta da dimostrare. Come madre mi sento un po' schiappa, come padrona non ho polso, sulle rate incedo a passo variabile. Tra le attenuanti, lavoro sodo e dormo poco, non di rado sotto l'effetto di stupefacenti: tre bustine di camomilla solubile alla melatonina prima di coricarmi (ma forse questa è più un'aggravante). Da quando le borse le sfoggio sotto gli occhi, in ufficio i colleghi mi chiamano Luisa Vuitton. La battuta non è originale, ma di solito non lo sono nemmeno le borse».
Si presenta così la protagonista del romanzo della pordenonese Odette Copat. E fin dalle prime righe si intuisce che Luisa Marini non è una donna comune, perché ha un dono che la rende un personaggio decisamente simpatico e attraente. Anzi, ne ha due di doni: l’autoironia e il senso dell’umorismo. Che non sono la stessa cosa: si può ridere della follia del mondo, come cantava Jannacci, ma non si è sempre in grado di prendersi in giro o, almeno, di non prendersi troppo sul serio (e qui ritorna sempre Jannacci, che ci ha insegnato che ridere di noi stessi e vivere sono la stessa cosa).
Luisa Marini ha anche un cagnolino con le orecchie da pipistrello, capace di fiutare anche “il più impalpabile moto del cuore” e un figlio, Tommaso, che si nasconde sotto i cappucci delle felpe e che, come molti adolescenti della sua età, è un ragazzo apparentemente privo di slanci.
E poi c’è il Dàruma, quella statuetta giapponese che serve a motivare e a darci la forza per raggiungere gli obiettivi che ci poniamo. Per chi non frequenta il Feff a Udine (mi dispiace per voi, non sapete cosa vi perdete) il Dàruma ha due occhi privi di pupille: se ne coloriamo una, sarà quell’occhio a vegliare su di noi affinché ci impegniamo per trasformare il desiderio in realtà. Se ce la faremo anche la seconda pupilla potrà diventare nera e finalmente, la vita ci sorriderà (e potremo finalmente ridere delle follie del mondo, di cui sopra…).
E, infine, ci sono le sue amiche, una delle quali ha elaborato la teoria delle tre D: Delusione e Disillusione sono le naturali conseguenze di qualunque Desiderio, quindi tanto vale non esprimerne nessuno.
In Come si esprime un desiderio, da mercoledì 7 maggio nelle librerie per Bompiani (la prima presentazione si terrà sabato 10 maggio alle 18 alla Libreria Giunti di Pordenone, in dialogo con Antonio Bacci), Odette Copat racconta una storia di una donna che invita a non cedere al cinismo o allo sconforto e ci spiega che è sempre possibile trovare la strada per “poterci ridere sopra, per continuare a sperare” (rubando le parole un altro grande cantautore).
E lo fa con una scrittura raffinata, elegante e soprattutto divertente, molto divertente. Rispettando i desiderata dell’autrice (un 40% di risate, un 20% di pianto e il rimanente 40% di altri sentimenti), la lettura del romanzo procede piacevolmente, con una sorpresa finale. Cosa c’è di più banale di una frase come “ho divorato il libro in una notte” (metaforicamente s’intende), eppure qualche volta accade. E questo è uno di quei casi...
Un libro che diverte tantissimo ma che fa anche riflettere. In fondo, come spiega il cagnolino dalle orecchie da pipistrello, “quanti di voi sanno realmente ciò che desiderano? Interrogatevi nel profondo e sentitevi liberi di desiderare qualcosa che vi faccia scodinzolare di felicità.”
Ps: l’autrice vive a Pordenone con un figlio, un cane e moltissimi libri (vi dice niente?). Da anni si occupa di autismo, anima il blog 30giorninprova ed è una delle guide del book club di Pordenonelegge. Ha scritto due libri (questo è il suo primo romanzo) e cura una rubrica settimanale sul Messaggero Veneto in cui racconta storie o commenta avvenimenti con un suo particolarissimo punto di vista.
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