Storie di partigiani: Pansa narra “Bisagno” e il mistero della morte

Il giornalista pubblica “Uccidete il comandante bianco” sulla figura del cattolico Gastaldi. Un’ombra come a Porzûs

In un libro che ha fertile terreno storico, Giampaolo Pansa contrappone il tragico duello tra due visioni della storia. Una che si rifà a una valutazione “debole” dell’ideologia come guida neutra dei comportamenti collettivi e di valori condivisibili;l’altra che si rifà a una valutazione “forte” come strumento corretto e alterato della nozione di falsità,concetto negativo,con mistificazioni e falsa coscienza di una credenza politica.

Nel volume “Uccidete il comandante bianco. Un mistero nella Resistenza” (edito da Rizzoli) Pansa torna a indagare sulla vita e sulla tragica misteriosa morte del comandante partigiano Aldo Gastaldi “Bisagno” (nome del torrente che attraversa Genova, sua città natale) posizionata tra le amare e tragiche divisioni culminate nella sconfitta dei nazi-fascisti, segnate da scontri politici di alta tensione. Bisagno da sempre viene definito “il primo partigiano di Italia”.

Come nella malga di Porzûs, febbraio 1945, i friulani hanno visto consumarsi un efferato scontro tra visioni contrapposte (vittime 17 partigiani cattolici della Divisione Osoppo. Gli assassini i partigiani comunisti della Divisione Garibaldi ,votati al credo stalinista),così sulla montagna genovese nella breve stagione della Resistenza lo scontro si riprodusse con uguale drammaticità.

Il libro di Pansa che, non ha il rigore della sua preziosa tesi di laurea “Guerra partigiana tra Genova e il Po” (edita poi da Laterza), si abbandona a congetture spesso infarcite di suggestioni letterarie, ma non perde l’orizzonte dei fatti. Il giovanissimo Bisagno,nato nel ’21, era un comandante “Santo ed Eroe” dicevano i suoi ragazzi : si allontanava dal campo per andare a messa e comunicarsi,comandava e agiva,rischiava la vita sempre in prima fila,amato come nessuno.

«Prima la Patria,poi il partito .Occorre fare la volontà dei partigiani e non di pochi,altrimenti a che serve parlare di democrazia?», scriveva in una direttiva Bisagno. E ancora: «Le formazioni conservino il carattere apolitico e cessino di essere di partito. Basta con la propaganda politica nei distaccamenti. Non lottiamo per avere domani un cadreghin (poltrona). Formiamo idea di italianità, non comunista o di altro partito per avere domani il voto delle coscienze e non dell’inganno». Il compagno di scuola e di lotta Elvezio Massai( Santo) ha sempre prodotto ineccepibili documenti scritti da Bisagno e chiarite sue battaglie contro i commissari politici che i comunisti volevano imporre nelle divisioni.

Suo avversario Antonio Ukmar (Miro) classe 1900, sloveno di Prosecco bollato cosí: «Miro ha incapacità militare,conserva la sua carica lontano dalla lotta di Liberazione solo ed esclusivamente per interessi politici». Nel marzo del ’45 ci fu tra le due fazioni un duro scontro risolto senza drammi, perché tutti i partigiani della VI divisione Cichero si schierarono con Bisagno,che lo sloveno voleva trasferire altrove . Bisagno aveva ammonito: «Griderò contro chiunque anche se il mio grido dovesse causarmi disgrazia o altro». E la disgrazia capitò nel maggio ’45 . Bisagno volle accompagnare a casa sul lago di Garda alcuni giovani partigiani. Salito sul tetto della cabina del camion ,guidato con imprudenza,a una curva presso Bardolino, Bisagno cadde e finì stritolato dalle ruote posteriori. Morì sul colpo. Era il 21 maggio 1945.A dire il vero a Genova nel mondo partigiano nessuno ,visti gli antefatti, ha mai creduto all’incidente.. Il coraggioso Massai scrisse: «Incidente o efferato delitto?». Sono state fatte plausibili congetture. Avvelenato da un caffè? Fatto cadere apposta? Pansa, lontano dalla dimensione dello storico, parla di confessione ricevuta da un anonimo senatore comunista: «Bisagno fu ammazzato». In una commemorazione avvenuta molti anni dopo si disse: «Come venuto da un mondo migliore a combattere per il nostro mondo». Peccato che oggi qualcuno in politica dichiari di poter di fare a meno della storia. La storia forse non è maestra di vita,ma è meglio conoscerla.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto