Far east, Gelso d’oro a Sylvia Chang: “E’ un grande onore”

Nella serata del Primo maggio al Teatro Nuovo di Udine l’assegnazione del premio alla carriera. Al suo attivo ha 94 film e ha fatto parte di giurie internazionali del cinema

Gian Paolo Polesini

Novantaquattro sono i film accreditati a Sylvia Chang (compreso il drammatico “Daughter’s Daughter” che questa sera, alle 19.30, seguirà la sua incoronazione al Giovanni da Udine con il Gelso d’oro alla carriera) una bella signora taiwanese che già diciottenne scelse d’immergersi nell’arte, prima radiofonica e, quindi, cinematografica.

«Onorata di ricevere il premio di un festival così profondamente innamorato dell’Oriente», ha detto l’attrice appena raggiunta dalla notizia. «Mi riempie d’entusiasmo ricevere il riconoscimento non solo per il mio passato, ma perché ancora faccio parte di questo fantastico mondo».

In Patria lei è una specie di Sophia Loren. Non sempre la fama popolare piglia aerei e raggiunge l’Occidente, soprattutto se il Paese è soffocato e tenuto sotto controllo dalla Cina continentale.

Nel 1992 la Berlinale scelse proprio Chang per far parte della giuria, presieduta da Annie Girardot. Quell’anno vinse “Grand Canyon – Il cuore della città” di Lawrence Kasdan. Capite? Anche Venezia la inserì nella giuria della 75ma Mostra, guidata da Guillermo del Toro. Il Leone d’oro finì sul caminetto dell’abitazione del regista messicano Alfonso Cuarón per “Roma”.

Notevole pure la collezione di Sylvia di Nomination all’”Hong Kong Film Award”: ben dieci con due vittorie.

Scorrendo la no fly zone privata di Chang, emerge dal passato il rapimento di suo figlio Oscar che si concluse con un lungo e liberatorio sospiro, nonostante i 15 milioni di dollari hongkonghesi sborsati per la liberazione. Il padre è un conosciuto uomo d’affari taiwanese, Billy Wang Jing-xiong.

Sylvia Chang è un concentrato di talenti. Non solo interprete: spesso dirige, produce, è sceneggiatrice, quando le va pure canta e fa la dj radiofonica.

Sabrina Baracetti e Thomas Bertacche in ventisette anni di Feff hanno sempre scelto persone degne di rappresentare l’eccellenza orientale alle quali consegnare un’opera significativa friulana qual è il Gelso d’oro.

Non un 2024 semplice da gestire per l’industria cinematografica di Taiwan con un’evidente perdita del 17 per cento e con un pesante crollo degli incassi dei film nazionali. A dar di spada ci hanno pensato le produzioni hollywoodiane, sempre richieste, e gli “anime” giapponesi. Persino gli adorati horror hanno indietreggiato. E quelli loro davvero ti fanno saltare sulla sedia stampandoti in faccia l’espressione della paura

Al contrario, le pellicole che poggiano sulla proprietà intellettuale confidano in una considerevole curva Nord di tifo ordinato. A proposito, facciamo un’incursione nell’opera che proprio stasera, seguirà la cerimonia di premiazione.

Si tratta del secondo lavoro di Xiang Xi dopo “Missing Johnny”, che ha sottratto energie alla troupe e al cast per sei anni, prima di poter digitare il The end e spedire “Daughter’s Daughter” al Tokyo Film Festival.

Ed è proprio di questo che vorremmo parlarvi oggi.

La signora pensionata, interpretata da Chan, suo malgrado è costretta a subire una situazione delicata: la madre è affetta da demenza, la figlia maggiore è stata affidata quand’era ragazzina e l’altra figliola lesbica sta affrontando l’inseminazione artificiale.

Sapete come funzionano i film, spesso si complicano al limite della sopportazione. A volte anche la vita vera si carica di lutti e di sofferenze. Ma nelle opere cinematografiche è quasi un’esigenza.

Insomma un lutto travolgerà la povera Jin Aixia, che subirà il peso di troppi eventi sfavorevoli.

Parrebbe trama in linea con la popolazione di Taiwan sospesa da anni a causa delle pressioni cinesi. La Repubblica Popolare continua a considerare il gruppo di isole al largo delle coste cinesi una provincia ribelle e promette la riunificazione con la madrepatria, anche con la forza se necessario.

Al contrario Taiwan si considera uno stato sovrano con un governo democratico, una propria economia e con una forte identità nazionale.

In realtà dal 2022 le pressioni sono aumentate con esercitazioni quasi quotidiane attorno all’isola e con aerei che bucano spesso la zona di difesa taiwanese.

Il Paese, per la propria indipendenza, confida nel supporto degli Stati Uniti e nelle alleanze non ufficiali con Giappone, Australia ed Europa.

Oltre al fatto che il neo eletto presidente Lsai Ching-te è un progressista, filo indipendentista e ciò ha fatto innervosire parecchio Pechino.

La guerra per ora è scongiurata, ma un’escalation improvvisa non la si può mai escludere. Nel frattempo, andiamo al cinema, valà.

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