Spunta il docufilm di Trentin su Claut negli anni Cinquanta

Le Giornate della Luce, in corso a Spilimbergo, rendono omaggio a Giorgio Trentin con un fuoriprogramma, la proiezione oggi del documentario “Claut”, realizzato da Trentin nel 1955.
di CARLO GABERSCEK
Molti ricorderanno che nelle sale cinematografiche fino agli anni '60, tra una proiezione e l’altra del film in programmazione, venivano presentati, oltre ai trailer, anche documentari della durata di circa dieci minuti. Solo in tempi recenti, in una prospettiva di più matura cultura cinematografica, si stanno riscoprendo documentari che, realizzati solo 50-60 anni fa, ci restituiscono aspetti, architetture, ambienti, fisionomie, tradizioni di un mondo che oggi appare molto lontano. Alcune di queste pellicole sono state recuperate e restaurate dalla Cineteca del Friuli, anche come testimonianza del costume, di rappresentazione di modi di vita, di luoghi del Friuli Venezia Giulia. Tra questi vecchi documentari anche alcuni lavori di Giorgio Trentin, nato a Padova nel 1924 e da alcuni anni residente a Udine. Fondatore del Cineclub Padova, Trentin ha realizzato molti cortometraggi nel Veneto, in Trentino e in Friuli, a cominciare da “Claut” (1955), girato con pellicola Ferraniacolor, nel pieno della stagione invernale. Questo documentario inizia con panoramiche, effettuate dall'alto, che evidenziano la peculiare posizione geografica del paese (dalla quale ha infatti origine il suo nome), un luogo chiuso tra i monti
Fattori fisici, ambientali, clima, stagioni hanno dunque fortemente determinato i modi di vita dei clautani. Sfruttando la scarsa luce invernale, la fotografia di Berto Birello (abituale collaboratore di Giorgio Trentin) documenta e illustra la tradizionale attività degli abitanti in quei lunghi mesi: la lavorazione artigianale del legno a domicilio per ottenere utensili casalinghi e commerciabili, a scopo integrativo del bilancio familiare. . Il documentario si sofferma in particolare sul principale strumento che usavano: un rudimentale ma ingegnoso tornio (“tornaretha”) azionato con la forza motrice delle gambe. Si conclude con la visione, in campo lunghissimo, di una donna che cammina in una strada di pianura: è una delle tante donne di Claut, che con la gerla affrontavano lunghi viaggi per vendere i prodotti dei loro uomini. È “la clautana” immortalata dai versi di Novella Cantarutti e da uno dei romanzi di Carlo Sgorlon.
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