Splendori di pietra al tempo di Costantino

Aquileia, fino all’8 dicembre la rassegna in memoria dell’editto imperiale (anno 313) che sancì la tolleranza del cristianesimo

AQUILEIA. Un mosaico pavimentale mozzafiato – 54 metri quadri – introduce nell’aquileiese palazzo Meizlik la mostra Costantino e Teodoro. Aquileia nel IV secolo. Fu ritrovato durante gli scavi compiuti negli anni Cinquanta dal genius loci Giovanni Brusin ed è stato restaurato dalla Fondazione Aquileia, promotrice dell’attuale rassegna, nell’ambito delle iniziative per l’Anno costantiniano in ricordo dell’editto di tolleranza del cristianesimo emesso dall’imperatore nel 313.

Lo sgargiante tappeto musivo, appartenente alla sala di rappresentanza d’una villa d’epoca romana, ha come elemento centrale, inscritto in un cerchio, un personaggio nimbato con tunica candida e mantello arancione riccamente lavorato, le gambe coperte da bracae, i piedi calzati. Con la sinistra regge un bastone ricurvo, la destra è alzata come in atto benedicente. Ai suoi piedi si trovano una capra, una pecora e un vaso di rame, in alto svolazza un uccellino. La raffigurazione, interpretata in un primo tempo come immagine del Buon Pastore, è stata ricondotta di recente al dominus dell’edificio. Tutt’intorno si collocano i busti simbolici delle Stagioni fra canne palustri, diademi floreali, spighe di frumento, pampini e grappoli d’uva.

L’impianto spettacolare dell’opera, evocante le fastose scenografie della capitale della X Regio Venetia et Histria, è un emblema dell’importanza economica e culturale raggiunta dalla città all’epoca di Costantino. Accanto allo straordinario sviluppo urbanistico – sottolinea il sindaco di Aquileia e presidente della Fondazione, Alviano Scarel – vi fu la crescita della comunità cristiana, di cui deus ex machina fu il vescovo Teodoro: promotore fra l’altro, a sud-est dell’abitato, del compendio ecclesiastico articolato su due aule parallele saldate da un raccordo, tra le quali s’inseriva il battistero. I mosaici delle aule, ispirati a tematiche cosmiche e alle scene di Giona e del Buon Pastore, furono in gran parte utilizzati per il pavimento della basilica costruita nell’anno Mille dal patriarca Popone e, in parte minore, sono riemersi nell’area intorno al campanile. Le visite ai mosaici basilicali e alla sezione del Museo Nazionale dedicata alle Grandi Terme, con elementi decorativi delle architetture e i grandi ritratti musivi degli erculei Lottatori, costituiscono appendici alla mostra.

Costantino, idealmente raffigurato nel Busto marmoreo proveniente dai Musei Vaticani, promosse la costruzione del Circo, delle Terme e della Cinta Muraria – ricorda Cristiano Tiussi, archeologo della Fondazione e curatore, asnsieme a Luca Villa e a Marta Novello, della mostra e del catalogo edito da Electa. Residui della decorazione del Circo, secondo Tiussi, sono i quattro grandi clipei con gli energici i rilievi di Giove, Giunone, Venere, Attis. In un’atmosfera di assoluta liberalità, ben diversa dal cupo fanatismo anticlassico introdotto nel 391-392 dall’imperatore Teodosio, accanto al trionfante cristianesimo permanevano infatti i vecchi culti pagani.

Fra le testimonianze in mostra sono il bronzetto di Iside Panthea, la lastra calcarea con Mithra che uccide il toro scoperta nella misteriosa Grotta del Mitreo in Carso, un’iscrizione dedicatoria al dio Beleno. Alle Grandi Terme apparteneva, invece, il bellissimo Torso di statua maschile. Il lacerto di Sarcofago con il Cristo ha l’impostazione classica di una divinità pagana e, insieme alle deliziose testine del Busto di magistrato e di uno dei Tre giovani ebrei nella fornace, esprime una sorta di poesia elegiaca del frammento.

La mostra, visitabile fino all’8 dicembre, comprende inoltre una ricca collezione di monete costantiniane, monili e strumenti per le acconciature femminili, suppellettili, vetri, anfore, lucerne, planimetrie. All’ingresso di palazzo Meizlik, accanto alle mappe del sistema viario che collegava Aquileia a Emona, l’attuale Lubiana, e proseguiva attraverso i Balcani fino a Costantinopoli, sono esposte alcune Colonne miliarie, ritrovate nell’Isonzo presso Villesse, dedicate a Costantino, ai figli e ad altri personaggi insigni. In una di queste è scalpellato il nome di Licinio, primogenito omonimo dell’altro Augusto, fatto assassinare apena undicenne da Costantino insieme alla propria moglie Fausta e al figlio Crispo: l’altra faccia dell’imperatore che impose sulle insegne militari il monogramma di Cristo.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Argomenti:archeologia

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto