Speziani al Verdi con Memorioso: «Ogni uomo può essere un giusto»
L’attore ricorda l’esordio al Palio udinese: «È stata una fonte di illuminazione»

Massimiliano Speziani è uno dei tanti figli legittimi del Palio teatrale studentesco, di quelli tirati su con l’entusiasmo degli anni Ottanta e rimasti fedeli all’impolverata location di un palcoscenico. Molti studenti hanno ringraziato dell’opportunità però si sono iscritti a giurisprudenza, altri — invece — sono finiti calamitati da qualche accademica d’arte, innamorati persi del profumo di quando si entra in scena dalle quinte.
Agguantando la cronaca Max Speziani sarà oggi, giovedì 25m al Verdi di Pordenone con una performance di grande impatto emotivo: “Il Memorioso. Breve guida alla memoria del bene”, tratto dai libri di Gabriele Nissim “Il Tribunale del Bene” e “La Bontà insensata”, elaborati per il teatro da Paola Bigatto e dallo stesso attore udinese.
Speziani, lei era uno stelliniano?
«No, Marinelli».
Di solito gli artisti tirano al classico. Si ricorda cosa portò in scena?
«Certo: il primo anno “Cuore di cane” di Bulgakov e poi un “Don Giovanni” nella riduzione di Brecht, entrambi diretti da Laura Ippoliti. Stagioni dopo tornai al Palio come regista, prima di essere inghiottito dalla Paolo Grassi di Milano, accademia che mi accolse consegnandomi poi una carriera da gestire».
Perché il teatro e non il calcetto?
«Un desiderio interiore e poi il Palio nessuno lo poteva vantare in Italia, solamente Udine. Per molti, ricordo, è stato una gran fonte di illuminazione. Un gioco di relazioni affascinante e così mi ritrovai in una dimensione nuova che mi accompagna tutt’ora. Direi che la mia storia è un lungo infinito Palio».
Ricordo un suo affaccio al cinema con l’amico Giuseppe Battiston in “Pane e tulipani”.
«Anche Beppe è un fratello di scena “paliense”. Fu soltanto una combinazione, allora. Non è mai scattata la scintilla fra me e il cinematografo. Ho sempre preferito stare di fronte a un pubblico vero, cercando di inalare le sensazioni del momento che salivano su dalla platea. Affiancando un intenso lavoro nelle scuole coi giovani».
Ed eccoci giunti al punto: il “Memorioso”. Ciò che vedremo sul palco del Verdi è un lavoro con molti anni di elaborazioni e strutturato apposta per adattarsi alle atmosfere scolastiche.
«Lo spettacolo ben si adatta anche al palco, naturalmente, mi piace pensarlo in una duplice veste. E mentre lo sto facendo io, altri “Memorioso” riempiranno scene in varie parti d’Italia gestiti dalla gioventù cresciuta con me. Lavorare con i ragazzi e sperimentare con gli adulti hanno rappresentato fulcri indissolubili in tutta la mia ormai lunga esperienza di uomo del teatro».
Entriamo dolcemente in questo mood per capire cosa ci aspetterà questa sera.
«Nissim s’ispirò a Moshe Bejski per anni presidente della commissione dei giusti al Memoriale di Yes Vashem a Gerusalemme. Il tribunale si poneva l’obiettivo di rintracciare tutti gli uomini che avevano rischiato la vita per salvare le vite degli ebrei durante la persecuzione nazista e di ricordarli per sempre attraverso il radicamento di un albero nel giardino del Memoriale. Bejski è stato uno dei mille e più salvati da Schindler, nonché testimone al processo Eichmann. E fu ancora lui a battersi affinché l’imprenditore nato nella Repubblica Ceca diventasse un “giusto”, nonostante fosse un nazista alcolizzato che faceva affari con la Germania. Lo scopo è una profonda riflessione sul ruolo di chi sta dalla parte corretta della storia».
Sbaglio o c’è una giornata che riconosce il valore di certi gesti?
«Esatto, il 6 marzo è la giornata dei giusti. Noi non diamo risposte, ma poniamo delle domande cercando di fare memoria, come si dice. Con la speranza che i genocidi appartengano sempre di più al passato».
Spiace sottolinearlo, ma oggi, spesso, chi delinque ha più successo di chi sceglie l’onestà, ahimè.
«La necessità è quella di coltivare un pensiero caritatevole che sappia superare l’odio. Non serve una guerra per avere l’opportunità di offrire un aiuto anche a chi sta dall’altra parte. E credo fermamente che il teatro sia il luogo più pertinente dove radicare speranze per invertire le cattive abitudini dell’umanità».
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