SCRITTORI»ADDIO A CARLO CASTELLANETA

di Mario Brandolin
Se ne è andato in quel Friuli che non riusciva ad amare, tanto i suoi paesaggi, la campagna soprattutto, erano diversi da quelli rumorosi, incalzanti, dinamici di quell’amatissima Milano che è stata al centro di quasi tutti suoi libri. Se ne è andato, Carlo Castellaneta, in quel Friuli dove l’aveva portato nel Natale del 2006 l’amore di una donna, la moglie Caterina.
«Vivevamo separati già da una decina d’anni – racconta la signora –. Io da qualche anno, da quando ero andata in pensione dal giornale dove lavoravo (la rivista di arredamento Brava Casa, ndr), ero ritornata in Friuli, a Porpetto, dove viveva ormai anziana mia mamma, Gina Marpillero. Ma ero sempre rimasta in contatto con Carlo, i nostri erano rapporti ottimi e, anche per via di nostro figlio, avevamo continuato a frequentarci. Così, quando Carlo si è ammalato, una forma di Alzheimer tenuta sempre sotto controllo, invece di lasciarlo solo a Milano, in balia di badanti che più improbabili non si potevano trovare, l’ho portato da me, in Friuli».
Una storia, quella tra Caterina e Carlo, cominciata alla fine degli anni 70. «Ci siamo concosciuti – ricorda la signora Castellaneta – in casa d’amici, a Milano, dove io mi ero trasferita per lavoro. E devo dire che Carlo era un uomo affascinantissimo, simpatico, vivace, che mi ha colpito subito moltissimo. Milanese fino alle midolla, della Milano bella, della Milano giusta. E poi ci siamo fidanzati e sposati, poi è nato nostro figlio, poi il tempo passa e lui era un tipo molto piacente, insomma alla fine ci siamo lasciati...». Salvo riprendere le fila proprio qui in Friuli, «anche se per lui – ancora la moglie – non era proprio il massimo, ma soprattutto perché la malattia stessa lo portava a voler tornare nel posto dove aveva vissuto al meglio. Che però non era più la Milano degli anni 50 e 60, nella quale Carlo era stato riconosciuto protagonista. Milano è crudele, per cui, quando uno non è più sulla cresta dell’onda, non c’è».
Un disamore che Milano, nella sua recente deriva televisiva e consumistica, ha riservato a molti dei suoi uomini di cultura, artisti e scrittori, che invece l’hanno fatta grande. «Sì è stato un poco così... Carlo ha cominciato a vendere meno, e anche i pezzi sul Corriere della Sera, piccole cronache su Milano, forse a causa della scrittura che, complice la malattia, non era più quella di una volta, sono venuti meno. Ma forse non se ne è accorto, o forse non se n’è voluto accorgere...».
Parlando di Moravia e della sua invidia, del suo odio verso Pavese, Castellaneta ebbe a dire: «Consiglio sempre di non conoscere troppo gli scrittori. Leggerli sui libri e basta. Spesso dietro agli scrittori, anche quelli grandi, ci sono degli uomini mediocri. Oltre a una certa insofferenza per il Friuli, quali erano i difetti di Castellaneta? La signora Caterina: «Carlo voleva piacere, ma era un uomo buono, semplice, normale. Aveva ambizioni, questo sì. Era sempre alla conquista di qualcosa, voleva emergere, nonostante fosse arrivato, godesse di fama e stima, lui che era di famiglia modesta voleva farsi accettare dalla buona società. Una debolezza. Che ho amato, come ho amato tutto di lui».
Castellaneta diceva di raccontare nei suoi libri persone vere, magari trasfigurate letterariamente, al punto per esempio che il padre non si riconosceva nel protagonista di Viaggio col padre. Castellaneta ha scritto anche Le donne di una vita... «In cui ci sono anch’io, sorride Caterina Castellaneta, e ci faccio una figura pessima, compaio come una moglie, senza particolari caratteristiche, una moglie e basta. Ci sono rimasta malissimo, ma tanto era mio lo stesso. Non gliel’ho rinfacciato, ho solo immaginato che se un giorno le sue donne, e ne ha avute tante, avessero scritto di Carlo, ne sarebbero venuti mille Carli diversi, tanti quante erano le donne che lui aveva conosciuto e amato». E come padre, come era Castellaneta? «Di figli ne ha avuti due, una figlia con la prima moglie, che lasciò piccolissima, e mio figlio Dario, verso il quale è stato un ottimo padre fino a che non ci siamo lasciati. Poi lo vedeva poco, però non ha mai dimenticato di essere padre, anche se alla fine è stato assente con tutti e due i figli, ma doveva ancora essere il padre di se stesso. Secondo me, non riusciva fare questo e quello».
I libri di Castellaneta che la moglie ama di più? «Ho riletto recentemente Notti e nebbie, bellissimo proprio come scrittura, amo molto anche Villa di delizia, Anni beati, Viaggio col padre...», i cui 50 anni – lo ricordiamo – l’autore li festeggiò al Visionario di Udine, nel 2008, nel corso di una serata in cui si proiettò il film tv che Marco Tullio Giordana, presente in quell’occasione, aveva tratto nel 1984 da Notti e nebbie. «Un romanzo del quale – ricorda la signora Caterina – giorni fa io e mio figlio abbiamo trovato il manoscritto, con i commenti e le correzioni, bellissimo. Lui l’ha preso in mano e ne ha letto alcune pagine con un po’ di emozione». Che cosa le mancherà di suo marito? «Lui», risponde senza esitazione e tra le lacrime.
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