Rossella e la Carmen a Lampedusa: un ballo per la libertà

CIVIDALE. Passionale, estrema, ribelle. Con una punta di femminea «fragilità», marchio d’artista che Rossella Brescia ha voluto, o meglio sentito di imprimere al personaggio. È una Carmen tradizionale nel ritratto, ma inedita per ambientazione (geografica e cronologica) della storia quella che potrete ammirare al Ristori di Cividale questa sera - sipario alle 21 - e giovedí, alla stessa ora, al Teatro Sociale di Gemona: una donna dei giorni nostri, calata in una realtà profondamente mediterranea, isolana, a confronto forzato con le problematiche della profuganza. Lampedusa, come ideale scenario: si staglia, su di esso, l’inno all’istinto, alla vita, all’amore. Dice Luciano Cannito, il coreografo: «Carmen può essere, oggi, una sudanese, una kurda, un’afgana, una kosovara, una pakistana». Una giovane in fuga, che altro non cerca se non libertà, nel senso piú lato del termine: non ha paura di rischiare, di osare; consapevole di possedere bellezza e potenza, ambisce alla pienezza della vita, aborre le pieghe dell’abitudine. «Un’attualizzazione dell’originale, insomma», commenta la Brescia (non nuova ai palchi cividalesi, già calcati durante Mittelfest), sottolineando la profondissima attualità di «un racconto stupendo»: «Un gran lavoro, quello di Cannito. Ricalca, ovviamente, l’impostazione e i contenuti dell’opera che tutti conoscono, ma li carica di pregnanti agganci alla contemporaneità». Lampedusa e barconi di disperati, appunto. Ma pure «violenza sulle donne»: «E non serve necessariamente pensare alle conseguenze estreme del fenomeno; si può anche considerare, semplicemente, l’aspetto dell’indole femminile soffocata dalla routine, dall’abitudine, da una situazione esistenziale che la donna non sente piú corrispondente ai propri desideri. Il messaggio dello spettacolo, in questo senso, vuole essere luminoso, di speranza». Come dire, volere è potere: «Una soluzione si trova. Carmen insegna a combattere per le proprie idee, a non accontentarsi. Suppongo - rileva la ballerina - che in molte si riconosceranno in lei». Il balletto, di certo, fa leva sul coinvolgimento emotivo: «È... cinematografico. Sembra di guardare un film. C’è tanta tecnica, ma è tutta a servizio della narrazione, funzionale allo sviluppo di una vicenda ben leggibile». Minimal la scenografia, «potentissimi, straordinari, i giochi di luce»; di indubbia bravura i talenti sul palco, a cominciare da Josè Perez. Non resta che assistere, dunque, a questa performance - portata in regione dall'impegno di Ert e a.ArtistiAssociati -, che per la bella étoile non rappresenta, peraltro, che la punta dell’iceberg degli impegni professionali. «Beh... è vero, ne faccio di cose. Il punto è che me ne piacciono troppe, non so scegliere. Il trucco è il pragmatismo, l’organizzazione: programmo le mie giornate in modo da riuscire a farci stare il maggior numero possibile di attività». Radio, tv, balletto («il prossimo anno si ricomincia con Amarcord»), insegnamento, nella sua scuola di danza pugliese. Un puzzle quotidiano, per dirla in due parole. Gestito con allegria, certo, ma non scindibile da «un grado di volontà... infinito!»
Lucia Aviani
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