Respiri di viaggio, così Elio Ciol ci racconta il mondo

Conoscere un grande fotografo, un maestro come Elio Ciol, 92 anni compiuti ieri, 3 marzo, è sempre un’esperienza importante. Ha raccontato il Friuli di Pier Paolo Pasolini e di David Maria Turoldo come pochi artisti hanno saputo fare attraverso la sua macchina fotografica, documentando la società, l’architettura, il mondo contadino, con una sensibilità straordinaria.
“Respiri di viaggio” questo il titolo della mostra organizzata dal Comune di Casarsa della Delizia, città natale di Elio Ciol, in collaborazione con numerosi enti e associazioni ed allestita negli spazi dell’ex municipio.
L’esposizione curata da Fulvio Dell’Agnese, supportata da un ottimo catalogo edito da Punto Marte, è sicuramente l’augurio più bello a un maestro della fotografia che ha potuto esporre 120 immagini, in parte inedite, realizzate in quasi 30 anni di viaggi all’estero. Gli scatti spaziano tra l’Armenia e la Mongolia, per passare alle rive del Gange per poi stupirci con le architetture cristiane in Bulgaria e in Spagna. E ancora: siti archeologici come quello di Petra o Musei come il Guggenheim di Bilbao e poi il Mediterraneo, la via della Seta, la Cina e tanto altro.

Elio Ciol si è raccontato con la sua consueta umiltà.
«A undici anni già frequentavo la camera oscura di mio padre. Invitavo i miei compagni di scuola che rimanevano colpiti dalla magia dello sviluppo e della stampa di un negativo». Erano anni dove si lavorava incessantemente in studio, fotografando le famiglie “vestite a festa”, la domenica mattina prima della Messa.
Il 1944, durante l’occupazione tedesca, è un anno importante per Elio Ciol. «Un ufficiale tedesco portava a sviluppare i rullini della sua Leica nello studio di mio padre. Erano foto bellissime dove si leggevano le rughe del viso della gente che lavorava, i dettagli delle architetture, paesaggi straordinari. Da quel momento ho imparato ad osservare, a studiare, a realizzare una foto meditata».
La prima macchina fotografica di Elio Ciol è stata una 3x4 con rullini da 16 scatti, poi una 6x9 ma il sogno era sempre la Hasselblad acquistata poco per volta, prima il corpo macchina e in seguito gli obiettivi. Erano gli anni Cinquanta dove molti clienti richiedevano servizi fotografici a colori. «Cambiando il magazzino della mia Hasselblad – spiega Elio Ciol – potevo gestire liberamente il bianco e nero e il colore. Una vera innovazione».
Arrivano gli anni Sessanta, quelli del boom economico e del primo turismo di massa. Nel 1962 Ciol esegue una serie di fotografie di scena durante le riprese del celebre film “Gli Ultimi” di Padre David Maria Turoldo, un’esperienza unica, irripetibile.
Nel 1969 il maestro Ciol si trova ad Assisi per presentare un suo libro e successivamente incontra il critico Alistair Crawford, che si dichiara affascinato da quelle immagini, dai particolari delle architetture, dal progetto di quella pubblicazione. Nasce una lunga collaborazione che coinvolgerà Elio Ciol a presentare ed esporre il suo lavoro fotografico a Londra, nel Galles e al Metropolitan Museum of Art di New York.
Le fotografie del Maestro sono ospitate nei principali musei del mondo come il Center for Creative Photography di Tucson, il Victoria and Albert Museum di Londra, la Collezione d’Arte Moderna e Contemporanea dei Musei Vaticani a Roma, il Mamm e il Museo Pushkin di Mosca.
Elio Ciol rimane molto attivo in Friuli con mostre e manifestazioni. Viene premiato dal Craf Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia nel 1995.
In seguito una storia conosciuta. Decine di esposizioni, cataloghi, libri. La mostra più importante? «Sicuramente quella curata da Giuseppe Bergamini a Udine nel 1999 – risponde Ciol – trovarsi ad allestire una mostra fotografica negli spazi della chiesa medioevale di San Francesco è stato emozionante».
Trenta anni di fotografia del padre e settanta di Elio Ciol rappresentano cento anni di una famiglia concentrata dietro l’obiettivo di una macchina fotografica che lascerà il testimone al figlio Stefano.
Il Maestro ha lavorato con tutti i supporti: lastre, negativi e in ultimo con il digitale. «Sono arrivato alla fotografia digitale in età matura ma ho subito apprezzato questa tecnologia. Ho mantenuto un pensiero analogico – spiega infine Elio Ciol – utilizzando il digitale che mi permette di scattare quello che serve con grande libertà di espressione, costruire un progetto e meditare ogni singolo scatto».
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