Razzismo e schiavitù alle Lezioni di storia, Portelli: «Lo zio Tom eroe della resistenza»

Proseguirà domenica 10 novembre, alle 11, al Teatro Nuovo Giovanni da Udine “I Romanzi nel tempo”, nuovo ciclo di Lezioni di Storia, organizzato dall’editore Laterza in collaborazione con la Fondazione del Teatro udinese e la media partnership del Messaggero Veneto. Relatore il professor Alessandro Portelli, che abbiamo intervistato e che nella sua lectio intitolata “Il razzismo dei bianchi” prenderà spunto da “La capanna dello zio Tom” di Harriet Beecher Stowe.
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Parlare oggi de “La capanna dello zio Tom”: non teme che sia un libro desueto, di difficile lettura?
«Il romanzo, vero e proprio best seller del XIX secolo, ha uno stile superato; tuttavia, leggendolo per quello che è lo si scopre molto coraggioso e duro, e ci può ancora sorprendere».
Ma anche Tom era coraggioso e duro? L’immagine corrente è quella di una persona docile, arrendevole...
«Questa è un’immagine inventata a posteriori, che non ha niente a che vedere con il personaggio del romanzo».
Martin Luther King fu accusato da altri afroamericani in lotta per i diritti civili di essere uno “zio Tom” remissivo a causa dei suoi principi non violenti…
«È vero. Però, come dicevo, l’immagine autentica dello zio Tom e della sua non violenza è proprio l’opposto».
Oltre a Tom ci sono altri personaggi interessanti?
«Certamente. A esempio la piccola Eva, una figura di confine fra la terra e il cielo; poi suo padre Augustine, un gentiluomo del sud incapace di arginare il fenomeno della schiavitù, e diversi altri: in particolare gli schiavi Eliza e George, che arrivano alla libertà e partono assieme per fare i missionari in Africa, ma anche i “cattivi” come Simon Legree…».
Come è nato il suo interesse per questo libro?
«Quando ci si occupa, come ho fatto io, di storia della schiavitù e di storia afroamericana, è inevitabile prenderlo in considerazione».
E non è un’opera per ragazzi, o addirittura per bambini, come in genere si crede…
«Lo stereotipo del libro per i piccoli nasce dalle tante riduzioni che hanno eluso gli aspetti più forti, significativi e militanti del testo. In generale, possiamo dire che è stato un romanzo molto raccontato e poco letto».
È vero che Abraham Lincoln lo considerò un testo decisivo per le sorti americane?
«Sì. E pare che quando incontrò l’autrice, Harriet Beecher Stowe, Lincoln disse: “Così questa è la piccola signora che ha causato questa grande guerra!”: la guerra civile americana».
Spesso si dimentica che è stato scritto da una donna.
«Ma di questo non dobbiamo sorprenderci. Il movimento delle donne, nell’Ottocento, era strettamente legato a quello per l’abolizione della schiavitù: quasi tutti i testi più importanti di solidarietà e di denuncia furono scritti da donne. E la Beecher Stowe fu una donna straordinaria, uscita da una famiglia straordinaria. Nella lezione di domenica parleremo anche di questo».
A proposito della lezione: quale sarà il “cuore” del suo discorso?
«Lo riassumerei così: “Lo zio Tom, un eroe della resistenza”»
In che senso?
«Tom si fa ammazzare pur di non denunciare le sue compagne di schiavitù che erano fuggite per cercare la libertà, e pur di non favorire le ricerche. Se non è un eroe della resistenza chi fa una cosa del genere, non so proprio chi lo sia».
Dunque “La capanna dello zio Tom”, per questo e per altri aspetti, è da consigliare anche oggi?
«Sì, anche perché se andiamo oltre al tipo di scrittura, oggi poco fruibile, e attingiamo ai contenuti, scopriamo in Tom una figura maschile forte ma, al tempo stesso, capace di sentimenti delicati: è un ideale maschile immaginato da una donna, un ideale di cui la nostra società ha molto bisogno».
C’è poi l’aspetto della profonda ispirazione cristiana dell’opera.
«È un libro di rivolta cristiana, se vogliamo dire così, perché prende molto sul serio il cristianesimo; tuttavia, dal momento che non ci siamo più abituati, ci pare un po’ strano... Quando Tom ama il suo nemico, non ci rendiamo bene conto di che cosa ciò significhi, e allora scambiamo la sua valorosa coerenza per subalternità, sottomissione».
Ma si rivolge pure ai laici?
«Certo, e lo fa attraverso i grandi valori del cristianesimo, aiutandoci a tenere presenti le basi della nostra umanità: solidarietà e rispetto nei confronti di tutti». —
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