Raffaello, anniversario al buio nei 500 anni dalla morte

Drappi neri stesi come morbide coperte sui disegni, fragilissimi e preziosi. E oscurità ovunque, rischiarata solo dal lampeggìo degli allarmi, nel silenzio di una notte che dura da quasi un mese. Sarà un anniversario al buio, il 6 aprile, quello dei 500 anni dalla morte di Raffaello. Con il mondo sconvolto dall’infuriare della pandemia e la mostra più importante, quella che si è aperta e subito richiusa alle Scuderie del Quirinale, tenuta amorevolmente al riparo, come racconta il presidente dell’istituzione romana Mario De Simoni, «quasi come una Bella Addormentata in attesa di un principe che la risvegli».
Ammessi in visita solo un restauratore, che due volte alla settimana si fa un giro per accertare che non ci siano sofferenze, il tecnico degli impianti che deve controllare il funzionamento della super sofisticata climatizzazione e naturalmente il personale per la sorveglianza che come in tutti i luoghi dell’arte è stata molto potenziata. Intanto però c’è da fare i conti con quello che doveva essere e non è stato. Tre anni di lavoro per definire il progetto e metterlo in piedi, le trattative per i prestiti, ottenuti alla fine dai musei di tutto il mondo, dai Vaticani al Prado, dal Louvre alla National Gallery. E le polemiche anche, con il Comitato scientifico degli Uffizi che si è dimesso in massa a pochi giorni dall’apertura per protestare contro la trasferta romana del ritratto di papa Leone X. Ci sono stati dibattiti, articoli sui quotidiani, anteprime. E più di 77 mila biglietti venduti, in barba alla paura globale che già si faceva strada, con 6mila fortunati che sono riusciti a mettersi in fila. Succedeva quattro settimane fa e sembra passato un secolo. In mezzo si è messa la tragedia Coronavirus, che ha chiuso mostre e musei, congelato prestiti e trasporti di opere d’arte, costretto le istituzioni culturali a correre per allungare le coperture assicurative. E ancora non c’è una data nella quale immaginare una riapertura. Impossibile in queste condizioni pure avviare una trattativa per rinegoziare i circa 50 contratti di prestito. L’ipotesi più ottimistica è questa al momento, riuscire ad aprire «anche solo una o due settimane», magari andando un po più in là rispetto al limite fissato del 2 giugno, visto che tanto con le frontiere chiuse sarà difficile pure restituire le opere ottenute in prestito. —
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