Rabbia, amore, poesia: l’omaggio di Tiziano Bravi al suo quartiere del cuore
Si inaugura sabato 15, nella Casa della confraternita in castello a Udine, l’esposizione dell’artista. Un ricordo per immagini di via Riccardo Di Giusto, dove ha vissuto per oltre 40 anni

Sabato 15 luglio, alle 11, nella casa della Confraternita, accanto alla chiesa del castello di Udine, sarà inaugurata la mostra dell’artista friulano Tiziano Bravi intitolata “Rabbia amore poesia” e curata da Daniele Tarozzi.
È dedicata al quartiere di via Riccardo di Giusto ed è stata organizzata da Espressioni Est per il programma “Udine Estate 2023” del comune di Udine.
Per l’occasione sarà pubblicata la seconda monografia sull’artista, curata e realizzata dal sottoscritto, con testi di Giorgio Ganis, Mirco Ongaro, Massimiliano Lancerotto, Tiziano Bravi, Licio Damiani, Raffaella Ferrari, Vittorio Sutto.
L'artista non è solo talento, ma anche cultura. Tiziano è un autodidatta, dipinge di grinta, sostenuto da un’intensa passione e da una solida cultura artistica costruita con una conoscenza diretta dell’arte e degli artisti.
Ha iniziato a dipingere vulcanicamente, di getto, spinto da pulsioni interiori a lungo covate, trovando nei colori un mezzo per materializzare le sue idee e raccontare criticamente la sua vita: le sue illusioni, le sue speranze, i suoi sogni e le sue denunce verso una società che non approvava.
“Rabbia amore poesia”, è l’artista che ha scelto il titolo per la mostra e la monografia che sono un intenso e appassionato omaggio al quartiere di via Riccardo Di Giusto a Udine dove ha vissuto per diversi anni quarant’anni fa, proprio negli anni in cui si era sviluppato vertiginosamente, e che continua a frequentare.
Tiziano con queste nuove opere ci trascina con forza dentro il quartiere e ci fa vivere la sua vita intensa e criptica, con le sue rabbie, i suoi amori e la sua poesia.
Son quadri densi, stratificati di colore e di parole, in maniera quasi ossessiva e non è sufficiente guardarli ma vanno letti,come si legge un libro o una poesia: riga dopo riga, paraola dopo parola, per assimilarli lentamente e capire il loro profondo contenuto.
«Per sapere di cosa il mondo patisce bisogna interrogare i poeti: al di là di ogni personalismo, sono i poeti le antenne sul mondo, giorno e notte », scrisse il frate friulano padre David Maria Turoldo.
In queste opere c’è rabbia, tanta rabbia, rabbia urlata con forza; è una rabbia di denuncia, la rabbia di chi costruisce e critica per amore, per cambiare le cose e il mondo che le circonda, per migliorarle.
È dunque una rabbia creativa che Tiziano ha trasformato in pura poesia, capace di urtare e far pensare, ma anche di procurare piacere e di commuovere. I suoi volti tesi, drammatici, spaventati, dubbiosi sono resi ancor più tali dal colore denso e senza rifiniture, con il linguaggio che gli è più congeniale e lo caratterizza: l’espressionismo, che gli permette di esprimere i suoi sentimenti, la rabbia e l’amore, in maniera diretta, immediata, attraverso la distorsione delle forme e dei colori.
Licio Damiani così scrisse di lui qualche anno fa: « Le opere di Bravi si caratterizzano per un'ironia disperata e per uno sviluppo sostanzialmente monocorde, ossessivo.
In Bravi, a collegare la versione originaria dell'Espressionismo con il suo riflesso ci sono comunque l'intensificazione parossistica del colore e la semplificazione estrema della forma, declinata in una lingua aspra che non teme le dissonanze e non rifugge dal “brutto”.
Le sue opere sembrano intrise dal sapore di favola delirante, piena di tensioni che, come negli espressionisti storici, si traducono in un senso cromatico accesissimo, sovrabbondante, con accostamenti esplosivi di gialli, di verdi, di neri, di blu,così da rendere vibrante e imprevista la realtà».
Il quartiere di via Riccardo (questo il suo nome per gli abitanti) era nato, nelle intenzioni degli urbanisti di allora, alla fine degli anni ’50 del Novecento, in mezzo alla campagna, come un giardino, un ampliamento alla città immerso nel verde, come lo erano, nelle intenzioni dei politici e dei progettisti, tutti i nuovi quartieri costruiti nel dopoguerra. In quegli anni il quartiere crebbe lentamente e senza quei problemi sociali che poi lo resero noto ai friulani.
Poi, Lo sviluppo vertiginoso degli anni 1980, si riempì di “vento”, un vento sociale, fastidioso, dovuto a programmi non realizzati o stravolti. Quel vento che soffia in tutti nuovi quartieri dove sono trasferite le persone emarginate e più povere: solo alloggi, senza servizi.
Inevitabili furono i problemi sociali, tanto che il quartiere fu chiamato il “Bronx” per le analogie con il malfamato suburbio di New York, luogo di abbandono e di emarginazione.
Per la toponomastica era chiamato “via Riccardo Di Giusto”, gli udinesi era “via Di Giusto”, per gli abitanti del quartiere (i “riccardini”) “Via Riccardo”. Nel 1997, dopo un concorso, gli abitanti cambiarono quel nome che faceva paura e decisero di chiamarlo “Aurora”, un nome che voleva essere l’auspicio dell’alba di un nuovo mondo, ma son pochi che lo chiamano così.
Oggi il quartiere non è più depresso e pare un e silenzioso, apparentemente quasi senza vita; è ordinato, pulito, insomma un bel posto, immerso nel verde, molto verde, cresciuto dopo più 40 anni e molto più verde di altre zone di Udine, e gli edifici severi, razionali, come era la prassi, costruiti dagli urbanisti degli anni ’80, sono ora ingentiliti dai colori di numerosi murale murales.
La mostra rimarrà aperta, nei fine settimana, fino domenica 30 luglio con il seguente orario: venerdì 15-18, sabato e domenica 10-12 – 15-18.
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto