«Questo festival è un volano e ci fa conoscere nel mondo»

Al via le Giornate del cinema muto. Il vicepresidente della Regione Bolzonello all’apertura della edizione numero 34. Il sigillo della città a Robinson. Il sindaco Pedrotti: «Il motore della cultura Fvg è qui»
APERTURA GIORNATE DEL CINEMA MUTO
APERTURA GIORNATE DEL CINEMA MUTO

PORDENONE. Se ne stava proprio andando, David Robinson. Il suo, ieri sera, l’aveva fatto. La solita puntigliosa presentazione da capo supremo uscente con un retrogusto da commiato. Accanto - appunto - il nuovo direttore delle Giornate, Jay Weissberg.

Davvero, nemmeno lo intuiva che il sindaco Claudio Pedrotti gli avrebbe consegnato il sigillo della città. Col sottofondo di "Smile" by Chaplin, d’altronde David è il piú accreditato biografo di mister Charlie, compare a sorpresa dalle quinte il numero uno di Pordenone, fasciato tricolore, e tutti in piedi per l’uomo che qui ha lasciato profonde tracce di storia del cinema ritrovato. Qualche lacrima tra i flash. “Una bella storia d’amore" scrive David sul libro ufficiale.

Gran cerimoniere della serata inaugurale è stato Piero Colussi. «Non è un momento facile - ha detto -, ma noi teniamo duro coi denti». I trentaquattro splendidi anni di muto rappresentano una forza contro qualunque calamità.

«Siamo partiti da qui - dice il vicepresidente Sergio Bolzonello - e ora il Friuli Venezia Giulia è invidiata terra di grandi festival». Ancora Pedrotti, un one man show: «Il festival è l’interruttore che ha cambiato l’identità culturale della regione. E Pordenone è la sua degna capitale».

E poi, buio. E freddo. Entriamo nella Foresta Nera, innevata per lo piú. Strano climax per gli amanti degli amanti che Shakespeare s’immaginò a Verona. Il cinema ha però la facoltà di stracciare qualunque convenzione. Meno male, va là.

Già c’è noia sotto lo schermo, figuratevi se ci fosse anche dentro. Comunque. Quando Lubitsch decise di far sparire il balcone prendendo di peso Giulietta e Romeo e, con tutto il loro carico d’amore, ficcarli nella neve tedesca, lo fece senza esitare.

Curioso “Romeo und Julia in Schnee!, il primo impatto diciamo ufficiale con Le Giornate 34, una vicenda gioiosa con un significativo prologo utile a spingerci nelle viscere della lotta fra le famiglie dei Montekugerls e dei Capulethoferd. Il berlinese Ernst, furbescamente, girò la frittata consegnando ai giovinetti innamorati un pass di lunga vita. Nessun suicidio, quindi.

I ragazzi, fra l’altro, avrebbero dovuto capire subito che Lubitsch aveva idee piú moderne al riguardo, soprattutto quando il farmacista disse loro di pagare in seguito. Con Williams i due non hanno mai avuto scampo, in qualunque edizione successiva all’originale fino al 2015.

L’assaggio teutonico ci mette appetito. E Maciste, l’italiano, ci sfama. Un eroe, dai Lumière in su, è necessario all’arte in movimento per rinvigorire l’ego dello spettatore. Il forzuto, allora Bartolomeo Pagano, anni fa Stallone e Schwarzenegger, oggi Capitan America e amici, rappresenta il dominio del bene sul male.

Tanto piú se infuria la guerra e il popolo cerca protezione. Anche quella virtuale va bene ugualmente.

“Maciste Alpino” è l’opera scelta per l’opening night. La pellicola di Luigi Romano Borgnetto e Luigi Maggi è del 1916, anno horribilis per il tricolore. A finire nell’obiettivo è la “guerra bianca”: italiani e austro-ungarici in un drammatico faccia a faccia lungo un fronte in quota di oltre quattrocento chilometri.

Il film uscí nelle sale lo stesso beffardo giorno in cui diecimila soldati furono travolti dalle valanghe. Ma il macho del momento riuscí, con il suo altruismo e la sua forza, a spostare l’attenzione. E il cinematografo che ti porta lontano, ha già vinto.

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