«Quando Zico segnò in rovesciata al Milan ci fece male, ma esultai»

Le Olimpiadi non sono soltanto la manifestazione sportiva per eccellenza. Sono un evento in cui si mescolano storie di vita, emozioni, intrecci politici, attualità, usanze e culture di tutto il mondo. Ogni edizione dei Giochi porta con sé un bagaglio di ricordi da raccontare, e se a farlo è un personaggio come Federico Buffa, maestro nell’arte dello storytelling, c'è davvero da starlo ad ascoltare. Giovedì, alle 20.45 al Teatro Nuovo Giovanni da Udine, nell’ambito della rassegna “IeriOggi: TEatro”, Federico Buffa porterà in scena Le Olimpiadi del 1936 (e sempre giovedì alle 17.30 nel foyer incontrerà il pubblico), uno spettacolo che racconta una delle edizioni più controverse della storia a cinque cerchi. Buffa, avvocato diventato celebre come telecronista sportivo su Sky, riavvolge il nastro con un testo elaborato assieme a Emilio Russo, Paolo Frusca, Jvan Sica, e veste i panni di Wolfgang Furstner, il comandante del villaggio olimpico per raccontare una storia dove sport e guerra, inevitabilmente, s’intrecciano tra loro.
- Buffa, perché questo passaggio dalla tv alla ribalta teatrale?
«Ho ricevuto una proposta da una coppia di registi milanesi, Emilio Russo e Caterina Spadaro, che sono rimasti colpiti dalla produzione televisiva Federico Buffa racconta storie mondiali e mi hanno avvicinato chiedendomi se me la sentivo di fare il grande salto. Recitare a teatro era il mio sogno sin da bambino, francamente non credevo si sarebbe avverato. Dovevamo fare soltanto tre repliche al Menotti di Milano, invece poche settimane fa a Castelfranco Veneto abbiamo raggiunto quota cento. Non male come debutto».
- Ciascuno di noi è legato a un’edizione in particolare delle Olimpiadi. La sua qual è?
«La prima che ho visto, quella del 1968 a Città del Messico. Ero alle elementari, si disputarono a ottobre. Ricordo nitidamente il salto in lungo da 8.90 di Beamon, i 400 metri con record del mondo di Evans, il pugno alzato sul podio da Tommie Smith e John Carlos, la grande prova di Gentile nel triplo».
- Lei a Sky ha raccontato diverse edizioni del Mondiali di calcio. Ne scelga una.
«Anche in questo caso ricordo con affetto Inghilterra 1966. All'epoca impazzivo per il grande Eusebio, tanto che poi ho voluto visitare Maputo, in Mozambico, nel quartiere dov'è cresciuto. Italia-Corea? Me la ricordo bene e non solo per il risultato. Noi ci presentammo in campo con i pantaloncini neri, mentre i coreani, alti tutti poco più di un metro e sessanta, riuscivano a fare la cavallina. Un gesto atletico irregolare».
- La sua fede calcistica rossonera è nota, lei ha anche lavorato per Milan Channel. Che idea si è fatto dell'imminente closing per il passaggio alla nuova proprietà cinese?
«Sono sincero, mi fa impressione, perché se dai una cosa ai cinesi, poi non la vedi più. Al momento non ci rendiamo conto di cosa voglia dire avere la proprietà a migliaia di chilometri di distanza. Fa specie anche vedere entrambe le squadre milanesi in mano a gruppi orientali, però noto qualche differenza: il gruppo che ha rilevato l’Inter è uno solo, Zhang mi sembra molto presente in Italia. Detto ciò, sono convinto che con le nuove risorse economiche per il Milan ci sarà un rilancio».
- Restiamo in tema calcistico. Nei giorni scorsi Zico è tornato in Friuli per celebrare i 120 anni dell'Udinese. Un suo ricordo del Galinho?
«Uno su tutti, la rovesciata a San Siro in Milan-Udinese. Ero presente sugli spalti e penso di poter dire che sia stato il gol più bello che ha realizzato nella sua permanenza in Italia. Pur avendo sofferto per quel gol, da tifoso milanista, m’alzai in piedi ad applaudire. Zico è uno dei giocatori che mi ha impressionato di più fra quelli che ho potuto ammirare. Recentemente sono stato in Brasile e mi sono comprato una maglia numero 10 del Flamengo, Leonardo ha detto che ho fatto un’ottima scelta. Nella mia visione del mondo, Zico aveva le chiavi del Maracanà nella vecchia versione».
- Chiudiamo parlando di basket Nba, forse la sua passione più grande. Chi vincerà il prossimo anello?
«Se la finale si giocasse oggi, non ci sarebbe storia, vincerebbero i Golden State Warriors. Però la sensazione era la stessa un anno fa, e la finale si gioca a giugno, quindi non darei nulla per scontato. L'altra finalista? Con tutta probabilità si va verso un remake della finale 2016, contro i Cleveland Cavaliers, però confesso che a Est mi piacerebbe vedere come finalisti i Boston Celtics. Isaiah Thomas è in assoluto il mio giocatore preferito, fin dai tempi del college. Una sfida contro Curry non sarebbe male. Al momento, però, la vedo dura: negli ultimi giorni di mercato servirebbe l'innesto di un giocatore di livello».
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