Quando in Friuli arrivava il Giro aspettando la tappa del 2024

A Sappada in scena Stefano Ryzardus Rizzardi. Episodi visti attraverso gli occhi di un bambino

“Quando arrivava il Giro. Storie del Giro d’Italia in Friuli negli anni Settanta e non solo” è il titolo la narrazione teatrale con musica a cura di Stefano Ryzardus Rizzardi che giovedì 28 alle 17.30, in auditorium comunale, aprirà a Sappada la serie degli eventi dedicati dal locale Comitato di tappa alla giornata del prossimo 24 maggio, quando il Giro d’Italia porterà i corridori fino all’arrivo nella località dolomitico-friulana dopo la partenza da Mortegliano.

Ideato e messo in scena in occasione delle tappe friulane del Giro d’Italia 2020, lo spettacolo rievoca momenti lontani del Giro d’Italia a Udine e in Friuli, dal 1967 al 1983, tramite il racconto di alcuni arrivi (o semplici passaggi) visti con i propri occhi da Ryzardus, che già all’epoca seguiva la grande corsa a tappe.

Il Giro d’Italia visto attraverso gli occhi di un bambino dapprima, e poi di un ragazzo udinese dal nome strano.

Il lavoro, un nostalgico omaggio a un ciclismo che non c’è più, inizia nel 1967 con la vittoria in Piazza Primo Maggio di Dino Zandegù, il corridore-cantante, e con la partenza il giorno dopo, già sotto la pioggia, per le Tre Cime di Lavaredo da Via Mercatovecchio.

Nel ’73, dopo il passaggio della carovana sul Cavalcavia di Viale Palmanova, il racconto della grande kermesse di Viale Leonardo da Vinci, terminata con il feroce duello tra Basso e Merckx. Gran finale con la memorabile cronometro che, dopo avere attraversato le vie del centro, mise il sigillo all’edizione 1983 del Giro, con l’apoteosi di Giuseppe Saronni ancora in Piazza Primo Maggio.

Assieme al racconto, le canzoni più celebri del pop e del cantautorato italiano ispirate al ciclismo e al Giro d’Italia.

Da “Bartali” di Paolo Conte e “Coppi” di Gino Paoli, fino ai pezzi dedicati da Francesco De Gregori a Girardengo, e da Enrico Ruggeri a “Gimondi e il Cannibale”.

Per finire, le due canzoni composte dai Nomadi e dagli Stadio in memoria di Marco Pantani, cui è dedicata, in conclusione, l’opera.

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