A Udine un omaggio senza parole alla genialità di Paolo Conte
Appuntamento nella serata del 4 luglio al Giovanni da Udine con l’Original Ensemble: «Un grande artista, è bello lavorare con lui»

Paolo Conte Original Ensemble è un progetto che omaggia “senza parole” una delle più grandi firme della canzone d’autore italiana: venerdì 4 luglio alle 21 apre la rassegna Teatro Estate 2025 al Giovanni da Udine.
I capolavori fra jazz, pop e classica di Conte vengono riletti in versione strumentale da alcuni musicisti che fanno parte dell’orchestra dell’amatissimo cantautore astigiano da oltre trent’anni: Antonio Valentino (pianoforte), Piergiorgio Rosso (violino), Francesca Gosio (violoncello), Massimo Pitzianti (fisarmonica, bandoneón, clarinetto), Claudio Chiara (sassofono contralto, tenore e soprano, flauto traverso), Jino Touche (contrabbasso), Daniele Di Gregorio (marimba, batteria, percussioni). “Aguaplano”, “Azzurro”, “Onda su onda”, “Via con me”, “Sudamerica”, “Bartali” vengono proposte in una chiave cameristica ideata da Massimo Pitzianti incorporando elementi del repertorio classico.
«Conosco un po’ la regione, - racconta il torinese Pitzianti -, sono stato in concerto a Udine con Paolo Conte, ho insegnato al Tartini di Trieste per un anno, ho prestato servizio militare negli alpini e ho frequentato la zona di Tarvisio».
Con il Paolo Conte Original Ensemble è la prima volta a Udine?
«Esatto. Anche se esistiamo da molto - il nostro battesimo di fuoco è stato nel 2009 per un concerto dell’Unione Musicale di Torino, alla presenza di Conte, e la gestazione era cominciata ancor prima. Siamo nati da un’idea mia e del Trio Debussy. Visto che Conte dice sempre che nasce prima la sua musica e poi aggiunge i testi, abbiamo pensato di fare delle trascrizioni strumentali per ensemble cameristico: per sua definizione abbiamo unito sacro e profano».
Quale veste sonora avete dato ai brani?
«L’ensemble ha come base il Trio Debussy e poi altri musicisti di Conte (Di Gregorio, Touche, Chiara e il sottoscritto), il suono è improntato alla dimensione cameristica più che jazz. Ogni tanto compare qualcuna delle mie influenze classiche: Šostakóvič, Bach, Mahler. All’inizio non è stato per nulla facile, non volevamo seguire la via delle cover. Per noi era impensabile inserire una voce, la sua è unica, insostituibile. La musica ha costantemente bisogno di essere rinvigorita, le partiture possono essere riscritte, reinterpretate nel tempo».
Nell’Orchestra di Conte dal 1990 alla tournée del 2024: com’è lavorare al suo fianco?
«È un artista. Un musicista molto solido, con tantissime idee, un gran professionista. Molto esigente, tutti i brani, dalle strutture ben definite, sono molto curati. Il lavoro congiunto con lui e con Daniele Di Gregorio è sempre stato quello di strumentare, orchestrare, cercare di riflettere su come vestire i brani, quindi un lavoro di altissimo artigianato. Tutti gli arrangiamenti sono sempre stati svolti in sua presenza, all’insegna di un grande rispetto per il compositore».
Da docente che idea ha delle nuove generazioni di musicisti?
«I tempi sono molto cambiati. Oggi i ragazzi sono più veloci nel ragionare, tecnicamente preparati, hanno strumenti potenti, l’IA, in rete trovano il mondo, la musica li attrae sempre ma il problema è che non sanno scegliere, mentre noi delle generazioni precedenti ci fiondavamo nelle biblioteche musicali e nei negozi di dischi e seguivamo dei percorsi di scoperta con entusiasmo e forza propulsiva, eravamo più curiosi, avidi di sapere». —
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