Il Premio Nonino a Germaine Acogny: «La danza può essere un gesto politico»
La coreografa insignita del “Maestra del nostro tempo”. «Un elemento di comunicazione che cambia le idee». La consegna sabato 25 gennaio a Ronchi di Percoto

È considerata “la madre della danza contemporanea africana”, ma le parole non bastano per descrivere la bellezza, la forza del gesto, l’incanto del movimento di questa straordinaria e potente danzatrice e coreografa che ha creato una tecnica sintesi di danze tradizionali dell’Africa occidentale e danze classiche e moderne e che è al contempo pensiero, incontro con sé stessi e con gli altri, tolleranza e apertura al sacro.
Sabato 25 gennaio, alle Distillerie Nonino a Ronchi di Percoto, Germaine Acogny riceverà il Premio Nonino “Maestra del nostro tempo”. Un riconoscimento, leggiamo nell’incipit della motivazione, a colei che attraverso la danza “esprime le voci più arcane della terra. Terra la cui salvaguardia e la cui cura sono sempre state le ragioni del Premio Nonino”.
Il premio Nonino la consacra “Maestra del nostro tempo” ed è la prima volta che la parola “Maestro” attribuito alle donne che hanno ricevuto questo importante riconoscimento prima di lei, viene tradotto al femminile. Ma non è la prima volta che una tradizione o una parola cambiano in suo onore. In effetti lei è anche il primo Leone D’Oro alla carriera nero. Che effetto le fa?
«Mi emoziona moltissimo. Sono un po’intimidita e mi sento fortunata. Le donne nel mondo hanno professioni che finalmente vengono tradotte al femminile. E sono davvero molto contenta che “Maestro” sia diventato “Maestra”. Sono molto fiera. Così come lo sono stata per il Leone D’Oro a Venezia. Porta fortuna all’Africa che prende posto tra i premi internazionali e questo le fa del bene».
Si ha spesso la tendenza a credere che la danza in Africa sia innata…
«Ebbene no. La danza non è innata. La danza africana è un concetto. È un grosso errore dire che la danza e la musica sono innate negli africani. Possiamo dire che “si muovono” e che si muovono bene. Le danze africane si imparano. Si va nella foresta sacra per essere iniziati. E l’iniziazione avviene tramite la danza. Le danze d’iniziazione per le donne o per gli uomini sono così complesse e difficili che non è possibile non studiarle. La danza è un elemento vitale e completa l’educazione di una vita. Io sono nata nel Benin e sono cresciuta, diventata grande, in Senegal. Nel mio gesto ci sono due culture. Prima ho imparato l’essenza delle danze tradizionali d’Africa e poi ho creato la mia tecnica».
Lei ha diretto il Mudra d’Afrique, la scuola creata da Maurice Béjart (con cui Acogny ha lavorato a lungo a Bruxelles ndr) et Léopold Sédar Senghor (Premio Internazionale Nonino nel 1985), à Dakar. In seguito, ha creato la sua scuola dove intere generazioni di danzatori hanno imparato la tecnica e potuto poi vivere della loro arte.
«Insieme a mio marito Helmut Vogt, venticinque anni fa abbiamo fondato, l’École des Sables vicino a Dakar. Dalla sabbia e dalle rocce abbiamo realizzato un villaggio della danza. Chi viene a scuola deve conoscere giustamente la danza tradizionale, conoscerne le storie, per poi imparare la danza contemporanea: chi non ha radici non può crescere».
Qual è il suo legame con la tedesca Pina Baush, creatrice mitologica, una delle più grandi artiste della storia recente?
«Ci siamo incrociate spesso nella vita, la prima volta che vidi la Sacre du printemps, lavoro emblematico di Pina Bausch, a l’Operà di Parigi, rimasi colpita e afferrata dal fatto che la coreografia richiamava nei movimenti, nelle ondulazioni e nelle contrazioni le nostre danze. Dissi: ma è africano! Poi, Pina è venuta a vedere una mia creazione a un festival. Abbiamo cenato assieme dopo lo spettacolo. Parlato a lungo. Io fumavo la mia pipa, lei la sigaretta, abbiamo discusso, scambiato idee. È stata una gioia. Un incantesimo condiviso. Dopo qualche anno dalla sua scomparsa, suo figlio Salomon ci ha chiamati per fare “Le Sacre” di sua madre con i nostri eccezionali danzatori africani de l’École des Sables. E ho trovato normale che questa trasmissione della coreografia di Pina Baush a noi, avvenisse».
Crede che la danza contemporanea sia un atto politico?
«Tutti i gesti della danza sono per me politici, per cambiare le idee, le mentalità in un Paese. La danza è un elemento essenziale di comunicazione, per prendere coscienza di quanto è vero e giusto». —
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