Premio Castello di Villalta: oggi l’incontro con i finalisti

FAGAGNA. Appuntamento in una delle più belle residenze storiche del Friuli, oggi alle 18.30, per il rush finale del Premio Castello di Villalta Poesia. In programma le letture dall’opera dei tre...

FAGAGNA. Appuntamento in una delle più belle residenze storiche del Friuli, oggi alle 18.30, per il rush finale del Premio Castello di Villalta Poesia. In programma le letture dall’opera dei tre finalisti, Stefano Dal Bianco (Prove di libertà, Mondadori), Franca Mancinelli (Pasta madre, Aragno) ed Enrico Testa (Ablativo, Einaudi) e due Dialoghi di poesia affidati ai giurati del premio: alle 18.30 converseranno Azzurra D'Agostino, Piero Simon Ostan e Gian Mario Villalta e alle 19.30 Antonella Anedda, Antonio Riccardi e Tommaso Di Dio.

Spiega la contessa Marina Gelmi di Caporiacco, mecenate del premio, che «lo sforzo dell'iniziativa è volto soprattutto a incoraggiare la lettura della poesia. Anche per questa ragione il riconoscimento, articolato nell'arco di molti mesi, punta sulla necessità di guardare ai testi più che ai nomi e di suscitare in rete commenti e confronti sui libri durante l'estate. L'appuntamento sarà poi per il 10 novembre, quando verrà festeggiato l'autore del libro di poesia più importante dell'anno, che riceverà 6.000 euro, cifra tutt'altro che simbolica per i premi di poesia».

I tre finalisti, a loro volta, ancticipano i motivi delle ripsettive raccolte. «Prove di libertà – spiega l’autore, Stefano Dal Bianco – ha uno sfondo pedagogico costante, ma sempre e soltanto alluso attraverso il vissuto. Sostanzialmente, questo libro è un diario di lavoro e d’autocoscienza. Debolezze, paure, meschinità, menzogne con se stessi sono ciò che dobbiamo debellare, la nostra gabbia. Chi non le riconosce in sé ha rinunciato a crescere. Se si includono i due intervalli in luogo dei diesis mancanti (dopo mi e si) le sezioni sono nove, come le poesie in ciascuna sezione: non sento questo genere di struttura armonica come una costrizione ma come un modo corretto di procedere».

«La scrittura per me è una pasta madre – racconta Franca Mancinelli – una materia umile, quasi anonima, che ha in sé un infinito potenziale di generazione, e allo stesso tempo è fragilissima. I testi sono nati lentamente, in un periodo in cui i gesti quotidiani più semplici, come preparare il cibo, mangiare, dormire, non avvenivano più in modo automatico, ma chiedevano un senso. Pensare ai nostri “contorni umani” attraversati incessantemente da una migrazione di altre forme, di altre vite, è per me una possibilità di salvezza, un modo di riconnettere quanto sembra fisso e concluso a qualcosa portato da una corrente più grande, in mutamento costante».

«Ablativo – riflette il terzo finalista, Enrico Testa – indica un caso latino altamente sincretico, in cui si radunano l’essere per altri e con altri: allontanamento da sé, spostamento in un altrove, scoperta di un nuovo destino. La mia è una preferenza per una lingua di comunicazione, per il suo strato geologico di base. Non amo i giochi verbali privati, le invenzioni compiaciute di sé. Inutile nascondere che su questo aspetto della mia scrittura si riverberano anche i tanti lavori dedicati, come storico della lingua, al cosiddetto “stile semplice” in letteratura e, in generale, all’italiano parlato attraverso i secoli».

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