Pordenone Docs Fest: giuria tutta al femminile, presiede Sarmiento
La regista cilena presenterà i suoi lavori inediti a Pordenone. Quindici i documentari in competizione, dieci sono di donne

Si declina sempre più al femminile la 16. edizione del Pordenone Docs Fest. Le voci del documentario, il festival di Cinemazero in programma dal 29 marzo al 2 aprile.
Anche la giuria, chiamata a valutare 15 documentari che saranno presentati in prima nazionale, sarà composta da tre donne e a presiederla è stata scelta Valeria Sarmiento, regista cilena di 74 anni, fuggita dalla dittatura di Pinochet per proseguire la carriera a Parigi, con il marito Raúl Ruiz, autrice di film che illustrano la realtà dell’America Latina da un punto di vista prettamente femminile.
Di lei, a Pordenone, il pubblico potrà vedere per la prima volta in Italia alcuni rari documentari.
Accanto a Sarmiento ci saranno Costanza Quatriglio, regista e sceneggiatrice, direttrice artistica e ce Beatrice Fiorentino, giornalista e critica cinematografica, delegata generale alla Settimana internazionale della critica alla Mostra del cinema di Venezia.
Dei 15 documentari in competizione al festival dieci vedono alla regia una donna, mentre i titoli in programma sono 46, scelti fra 400, provenienti da tutto il mondo. Inclusività, ecologia, femminismo, guerra, disabilità sono i temi dell’oggi, tutti in luce al Pordenone Docs Fest.
«Temi di assoluta importanza sociale, partendo prima di tutto dalla qualità e dalla capacità dei film di coinvolgere il pubblico per la loro bellezza», afferma Riccardo Costantini, curatore del festival, certo che il documentario abbia il potere di agire concretamente per il cambiamento: «I film che proponiamo – aggiunge – sono i più intensi e validi sui temi dell’oggi».
Fra questi, a conferma della vocazione al femminile di quest’anno, “Destiny” di Yaser Talebi, ritratto di una giovane iraniana che combatte per i suoi sogni; “My name is Happy” di Nick Read e Ayse Toprak che racconta l’impegno di una popolarissima star di TikTok e cantante contro la violenza sulle donne in Turchia; “Moosa Lane”, della regista danese-pakistana Anita Mathal Hopland, fra Karachi e Copenhagen.
Il festival, inoltre, proporrà la retrospettiva Donne con la macchina da presa, a cura di Federico Rossin, per ripercorrere le origini del documentario femminista italiano
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