Il pittore di Luigi XV e i suoi colori: il professor Gianluca Poldi ne svela i segreti
In mostra a Brescia le opere di Buocher e Fragonard. L’analisi del docente dell’Università di Udine

Parigi 1765. Alla corte di Francia, Luigi XV nomina François Boucher primo pittore del re. L’incarico aprirà per lui una carriera leggendaria. “Boucher e Fragonard. Alla corte del re” è la mostra allestita fino al 25 maggio alla Casa Museo Fondazione Paolo e Carolina Zani a Brescia. Il progetto espositivo, frutto di un’inedita collaborazione tra la Casa Museo della Fondazione Paolo e Carolina Zani, diretta da Massimiliano Capella, e le Gallerie Nazionali di Arte Antica, Palazzo Barberini e Galleria Corsini di Roma, consente di celebrare i due grandi francesi non solo come geniali figuristi ma anche come eccellenti paesaggisti ed interpreti dell’armonia tra figure e natura circostante, secondo i dettami del mito di Arcadia, in voga tra gli artisti nella Francia della metà del Settecento.
La produzione pittorica di François Boucher (Parigi 1703 – 1770) e del più talentuoso dei suoi allievi, Jean Honoré Fragonard (Grasse 1732-Parigi 1806) è incanto, eleganza, leggerezza. In considerazione del fatto che la Casa Museo Fondazione Zani costituisce una delle raccolte d’arte Barocca e Rococò più rilevanti d’Italia, le opere di Boucher e Fragonard sono poste in dialogo con le oltre 1.200 opere, sculture e complementi d’arredo di epoca sei e settecentesca che punteggiano i sontuosi ambienti della Casa Museo e lo scenografico giardino che la circonda. Ieri il professor , docente all’Università di Udine, fisico di formazione con due dottorati, uno in Scienze per la Conservazione dei Beni culturali e il secondo in Lettere, tra i massimi esperti di diagnostica non invasiva d’arte, è stato protagonista della conferenza: “In leggerezza. Come dipinge Boucher alla luce delle analisi scientifiche”.
«Sono stato coinvolto dal direttore del museo – svela Poldi – che avendo in mostra due dipinti di Boucher, uno datato e l’altro no, mi ha proposto di vedere se dalle analisi poteva emergere qualcosa di interessante. Attraverso le radiazioni infrarosse che superano gli strati pittorici è possibile vedere se ci sono ripensamenti o un disegno sottostante. Utilizzando la microscopia digitale e una tecnica spettroscopica ho potuto anche indagare pigmenti e macinazioni. Mentre i pigmenti dell’epoca erano a disposizione di tutti, la loro scelta, macinazione e le miscele preferite possono essere uno dei marchi di fabbrica di un pittore.
Boucher, per esempio, usava aggiungere negli incarnati giallo in abbondanza, che non è un fatto scontato, insieme a biacca, vermiglione e lacca carminio. E disegnava così bene da non aver bisogno di disegni preparatori su cartone, come Tiepolo: a entrambi bastano pochi segni a pennello per abbozzare le figure e poi finirle col colore. La tela con Venere nella fucina di Vulcano presenta delle variazioni significative, ripensamenti nel volto e nel gesto della mano di lei. Quindi, per quanto non firmato e non datato, potrebbe addirittura trattarsi del prototipo del quadro conservato al Louvre. Non solo si rivela la qualità di Boucher, ma si scopre anche che il dipinto era inserito in una boiserie, con cornice originariamente sagomata».
Un prezioso aiuto dunque per conoscere i dipinti e sapere i segreti del “rosa Pompadour” utilizzato da Boucher e nei ritratti della bellissima amante del re.
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto