Pasolini tra poesia e impegno, un corpo gettato nella lotta

Il volume curato da Maura Locantore raccoglie 23 contributi sull’opera letteraria dello scrittore
Giuseppe Mariuz

È da poco uscito presso l’editore Marsilio il libro Io lotto contro tutti. Pier Paolo Pasolini: la vita, la poesia, l’impegno e gli amici, a cura di Maura Locantore. Il testo si aggiunge alla cospicua produzione saggistica uscita in occasione del centenario della nascita del grande intellettuale ed è impegnativo sin dal titolo che abbraccia argomenti disparati, raccolti in ben ventisei contributi e tre conversazioni finali.

Lo introduce la presidente del Centro Studi Pasolini di Casarsa patrocinatore dell’opera, Flavia Leonarduzzi, che dal punto di vista privilegiato del paese materno segnala come da qui sia iniziato un laboratorio esperienziale che segna il percorso unico del poeta. Maura Locantore è docente presso l’Università della Basilicata e si è già occupata della produzione giovanile pasoliniana presso il Centro Studi di Casarsa pubblicando poi vari contributi di critica letteraria.

Riassumendo il significato di questo lavoro, la curatrice parte dalla inclassificabilità dell’opera di Pasolini, per cui il metodo più idoneo è tentare un’analisi del magma della sua formazione per soppesare le influenze della spinta iniziale e di quel bisogno di comunicazione drammaticamente scaturito dalla sua biografia.

Sottolinea che “innegabile è la centralità con cui egli pone nell’opera la propria soggettività, che ha indotto la critica a parlare di narcisismo o, meglio, di presenza del corpo dell’autore, come originale modalità simbolica”.

La frase virgolettata del titolo è tratta da una intervista del 1966 a un giornalista americano in cui Pasolini dichiarava la volontà di “gettare il mio corpo nella lotta”.

Secondo la curatrice, “la lingua, lo stile, il pensiero, la persona dell’autore, il suo privato, i costumi dei contemporanei, tutto è messo in gioco e diventa discorso letterario”.

Nella prefazione, Gino Ruozzi rileva a sua volta che Pasolini è stato “l’uomo delle esplosive ricchezze contraddittorie, sempre in prima linea, sempre con i nervi tirati, nei confronti della società, della politica, della famiglia, della letteratura, del cinema, del sesso, dello sport. Cinquant’anni vissuti con ininterrotta e possente carica emotiva ed esposizione bruciante”.

L’inesausta denuncia e il celebre “io so” lanciato dalle pagine de Corriere della Sera si scontravano sia col giornalismo dell’omertà e della pubblicità sia con quello devastante del sensazionalismo e dei paparazzi.

Fra i vari contributi, citiamo Gian Mario Anselmi, secondo cui “c’è in Pasolini, rispetto al senso del sacro, come un doppio movimento: da un lato la percezione di qualcosa di irrimediabilmente compromesso nella società moderna e dall’altro una nostalgia profonda per una perdita che pertiene all’identità profonda dell’uomo in quanto tale e tanto più dell’uomo occidentale calato nella tradizione biblica e cristiana”.

Il rimpianto è per una innocenza non più raggiungibile, fruibile solo per via mitica e analogica ovvero poetica. Per questo la cultura occidentale deve confrontarsi ancora col mito greco, che ha messo a nudo l’origine della lacerazione e della dualità, il distacco definitivo tra uomo e Dio.

Su queste tematiche si sofferma anche un altro contributo, quello di Giacomo Trevisan, che analizza un’opera teatrale incompiuta e parzialmente inedita di Pasolini, scritta in prosa e versi nel 1942: Edipo all’alba. Secondo Trevisan, “in Pasolini l’incesto è peccato nel senso cristiano e genera in Ismene un preciso senso di colpa che la spinge a cercare la punizione estrema della morte per mano del padre”.

Di fronte a un amore illecito, confessata la colpa, l’unica prospettiva è il sacrificio di espiazione. Motivo che, come sappiamo, verrà poi ripreso in cinematografia molti anni dopo.

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