Parte Contatto41 del Css: «Ma per crescere servono nuovi spazi e più fondi»

Rita Maffei e Fabrizia Maggi parlano del futuro e delle aspettative per la nuova stagione. «Innovazione vuol dire multidisciplinarietà e apertura alle tecnologie in dialogo con la parola»

Mario Brandolin
Da sinistra, Fabrizia Maggi e Rita Maffei alla presentazione della stagione del Css (foto Alice Durigatto)
Da sinistra, Fabrizia Maggi e Rita Maffei alla presentazione della stagione del Css (foto Alice Durigatto)

UDINE. Ci sono loro, appassionate e instancabili ricercatrici di teatro nuovo, di quel teatro che sposi la contemporaneità in tutte le sue forme; ci sono loro dietro le stagioni di Teatro Contatto, Rita Maffei e Fabrizia Maggi, in condivisione con l’attore e regista Fabrizio Arcuri, al comando di quella macchina da guerra per lo spettacolo dal vivo che è il Css di Udine, che sabato 30 settembre avvia Contatto41.

«Non condividiamo l’immagine di macchina da guerra, preferiamo macchina di pace», esordisce Fabrizia Maggi. «E quanto al comando devo precisare – così Maffei– che nel Dna del Css c’è sempre stata l’idea di essere un collettivo. Non è un caso che siamo una cooperativa. E le nostre scelte le nostre decisioni le nostre riunioni sono sempre collettive. La stessa direzione artistica è collettiva. E quello che era lo statuto dei fondatori noi l’abbiamo fatto nostro come scelta di vita. Le scelte collettive, le decisioni, il mettere sempre tutto in discussione in maniera collegiale è faticosa, però fa si che tutto quello che facciamo sia di un teatro e non di una singola persona».

Una scena dello spettacolo Una isla. Agrupación Señor Serrano , in scena a febbraio 2024 al Palamostre
Una scena dello spettacolo Una isla. Agrupación Señor Serrano , in scena a febbraio 2024 al Palamostre

«Possiamo aggiungere – le fa eco Maggi – che è una responsabilità enorme ma anche ragione di orgoglio, perché abbiamo fatto di questa scelta una ragione di vita, io stessa sono tornata a Udine proprio perché l’idea di un lavoro collettivo si sposava anche e non tanto con le mie di idee, quanto e soprattutto con un’idea di teatro che punta al presente, a essere protagonista nel nostro mondo».

«E poi questo modo di lavorare – specifica Maffei – è molto stimolante, si sommano le competenze e questo ci fa tutti più forti, più ricchi».

Venendo allo specifico del vostro ruolo, di direzione artistica co-Arcuri, come si mette insieme una stagione, che nel vostro caso non è solo una rassegna di spettacoli, ma anche di produzioni e coproduzioni, di attività culturali, di laboratori, di residenze artistiche?

«È un lavoro costante, lungo tutto un anno, quanto la stagione stessa – spiega Maffei –: ad esempio abbiamo appena presentato la stagione 41-42, ma già fin da questa estate abbiamo cominciato a ragionare, a vedere spettacoli per la prossima. Noi della direzione artistica abbiamo le antenne dritte tutto l’anno, cerchiamo di andare a vedere il maggior numero possibile di spettacoli. Tranne in casi particolari di spettacoli che debuttano in stagione, tutti gli altri sono spettacoli che abbiamo visto».

Quali le vostre linee guida, quali contenuti date alla parola innovazione?

«Innovazione per noi – così Maggi – vuol dire nuova drammaturgia, multidisciplinarietà dei linguaggi artistici e quindi apertura alle arti performative, alla danza, al video, alle nuove tecnologie in dialogo con la parola: tutti i linguaggi della scena contemporanea attraversano Teatro Contatto, sin dalle origini».

«Sono le tematiche – aggiunge Maffei– che rispondono alle esigenze del tempo che stiamo vivendo, come del resto deve essere sempre il teatro. La stagione di quest’anno, già nel titolo, Nature future, suggerisce le tematiche che sono calde di stretta attualità in questo momento. E quindi l’ambiente, il tema del lavoro, la questione femminile, la diversità».

«E mai come quest’anno – continua Maggi – la stagione di Teatro Contatto risponde in maniera incredibile ai temi più pressanti del nostro tempo, e la risposta del pubblico non si è fatta attendere. Temi peraltro che vengono dagli artisti stessi, come una loro necessità».

Quali le difficoltà, che magari frenano i vostri desiderata?

«Innanzitutto i limiti dei due teatri, il Palamostre e il San Giorgio, che per le loro dimensioni ridotte non possono accogliere spettacoli che abbisognano di grandi spazi. E poi le questioni economiche: ci sono spettacoli bellissimi che ci piacerebbe portare ma che hanno costi che non possiamo permetterci. Il nostro cassetto dei sogni è pieno, ma dobbiamo fare i conti con la realtà».

Che cosa vi aspettate da questa stagione?

«Ci aspettiamo che continui la crescita di questa comunità, che non è solo di spettatori ma di persone che partecipano a tutte le nostre iniziative e pensano, come noi, che il teatro sia un luogo sociale prima ancora che artistico». Maffei aggiunge una piccola cosa, una speranza: «Incontrare quelle persone cui poter passare il testimone un domani».

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