Novant’anni fa nasceva Omero Antonutti: un cittadino del mondo che amava il suo Friuli
Il “fantat di Blessan” ci ha lasciati sei anni fa. Trieste lo celebra con una mostra multimediale triestina allestita nelle sale di palazzo Gopcevich (fino al 12 ottobre)

Gli artisti veri non muoiono mai, vivono nei cuori di coloro che li hanno incontrati, applauditi e amati. Certo, ma possono vivere anche nella natura che ci circonda. Come nel magnifico parco romano di Villa Piccolomini, dove - grazie all'Associazione per il teatro italiano - quasi ogni albero porta una piccola targa con il nome di un grande attore che non recita più sui palcoscenici terreni ma che nessun sipario nasconderà mai di fronte allo scorrere del tempo.
Se passate di là, “in compagnia” di Giorgio Albertazzi e Anna Proclemer “incontrerete” anche Omero Antonutti, friulano dalle salde radici e poi triestino, genovese, spagnolo (una palma su pietra lo ricorda nel Passeig de la Mostra de Valencia), un cittadino del mondo fra teatro, cinema, televisione e radio.
Il “fantat di Blessan” ci ha lasciati sei anni fa. Ora siamo qui non per celebrarlo o per ricordare che oggi, domenica 3 agosto, compirebbe 90 anni, bensì per dire che la sua storia, il suo esempio, la sua etica - di uomo e di interprete - non andranno perduti: sarà sempre presente nelle nostre conversazioni, sarà un piccolo, discreto ma tenace lume che ci accompagnerà quando parleremo del mondo dello spettacolo, della sua miseria e della sue nobiltà. Ecco il pensiero di Omero che l’indimenticabile Guido Botteri riporta nella sua magnifica biografia: “Oggi si pensa solo ad apparire e a fare soldi in funzione della pubblicità. Numeri, ancora numeri, soldi, sempre soldi: ma siamo proprio sicuri che la vita sia soltanto “mercato”?”. Non solo, aggiungiamo un suo messaggio, quasi un “memento”, alle altre e nuove generazioni che calcheranno un palcoscenico o che si presenteranno di fronte ad una macchina da presa: “Non amo l'attività artistica senza impegno. Mi piacciono le proposte di spettacoli che riguardano l'uomo, con i suoi problemi, le situazioni sociali, che sempre abbiano un riferimento alla realtà in cui viviamo”.
Questa “fede”, queste idee rimangono. E permeano anche “Il tempo di Omero. Voce, corpo, sguardo di Antonutti”, la splendida mostra multimediale triestina allestita nelle sale di palazzo Gopcevich (fino al 12 ottobre) e realizzata dalla Casa del cinema da un'idea di Franco Però e curata da Paolo Quazzolo e da Massimiliano Spanu, ma impossibile da realizzare senza la gran mole di materiale messa a disposizione dalla moglie Graziella. E siamo certi che animeranno la conversazioni degli amici (con in testa Ariella Reggio) che parteciperanno alla speciale festa di compleanno in programma proprio domenica, sempre a Trieste, nell'amato caffè San Marco, accompagnati dalle musiche di una formazione cameristica dell'orchestra giovanile dei Filarmonici Friulani.
Da un paio di battute nel debutto triestino del 1959 con “L’ispettore generale” di Gogol fino alla consacrazione con Squarzina furono 18 entusiasmanti anni di teatro. E poi un cinquantennale e luminosissimo cammino nel mondo del cinema grazie prima di tutto ai fratelli Taviani, poi ad Angelopulos, Placido, Ferrara, Giordana, Saura, Spike Lee, tanto per citarne alcuni, e assieme ai più grandi attori italiani. Immenso, inoltre, il lavoro di doppiatore: nel “Signore degli anelli” per Christopher Lee, dando voce anche a Donald Sutherland, Robert Duvall, John Hurt, Rutger Hauer, Peter Fonda, Dennis Hopper, Murray Abraham, Omar Sharif. Tanti. “Mi manca soltanto Dio...” confidò alla sua Graziella con un sorriso brontolone. Accontentato: l'amico di sempre Tullio Solenghi lo chiamò proprio per dare voce, in uno spettacolo, al Padre Eterno!
Ci vorrebbero decine di pagine per ricordare le centinaia di collaborazioni, le letture nell'amato Friuli, dove decise di tornare. E un’autentica svolta fu rappresentata da “Strolic”, i mesi dell'anno nella poesia di Pietro Zorutti, (spettacolo e disco) con le musiche di Valter Sivilotti, sul palcoscenico il coro Natissa di Aquileia diretto da Luca Bonutti, la meravigliosa voce di Dorina Leka, la fisarmonica di Sebastiano Zorza, la chitarra di Marko Feri e il contrabbasso di Mauro Meroi. In quell’occasione Omero confessò il desiderio di un salutare ritorno alle radici: “Lo Strolic ha aperto per me una nuova stagione! La vivo come un uomo sempre fiero di essere friulano e di aver ripreso in mano la mia lingua domestica, che riaccende i ricordi di bambino a Blessano e a Orsaria, i più forti. I suoni, la luce e i profumi delle osterie e delle povere botteghe di paese, il lavoro umile e silenzioso di tanta gente sono ricordi sicuramente migliori di un certo cinema e di una certa televisione che vedo in giro. Però, non rinnego le mie scelte: le ho fatte sempre liberamente, a volte sbagliando e a volte indovinando, sul palcoscenico e sullo schermo”.
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