Nonino, il distillato è femmina (ma ci vuole un uomo per partire)

di GIAN PAOLO POLESINI
Sarà un anno culturalmente amabile con una decisa gradazione alcolica se non altro per stabilire la giusta distanza dal logorio della vita moderna.
Il pezzo del torrone tranciato da sior Benito, con l’immutata energia della consuetudine, zac, è caduto a oriente, buon segno direbbe il venerando, se ce ne fosse uno specializzato in mandorlato. «Prendi il sacco e vai al mercato», rimbalza su la saggezza popolare e i vecchi c’azzeccano sempre. Ordunque, il Premio Nonino è quarantaduenne, ne ha vista di contemporaneità passare per Percoto, fermandola anche, giusto quell’attimo per farne un oggi declinato al prossimo venturo. Il rimbalzo temporale è una delle specialità della casa, oltre allo storico salvataggio del vitigno autoctono. E la family - Benito, Giannola e le magnifiche sisters Cristina, Antonella ed Elisabetta - con la compattezza delle dinastie di rango, resta salda all’origine, quella dell’avo Orazio, non smettendo mai di auscultare i battiti della letteratura, sporgendosi su un qualche dopodomani da identificare. La grappa è femmina (ma ci vuole un uomo per partire).
In distilleria, a fine gennaio, si scoprono gli alambicchi e si celebra l’intelletto. Lady Giannola tira su il fiato e il cuore e vien fuori un «Benitooooo» che squarcia l’aria, un riconoscimento alle mani sagge e allo sguardo lungo, ben spalleggiato dalle generazioni a venire. «Una vera tradizione - scrisse Stravinskij - non è la testimonianza di un passato concluso, ma una forza viva che anima e informa il presente». Be’, perfetto, diremmo, no?
Gran festa di mezzodì con un glamour di stagione senza eccessi. Giusto un’occhiata a cosa è uscito dagli armadi e indossata con estrema cura va data, è un vizio gossipparo tipico di un’epoca effimera. Maestre di stile, raggiunte velocemente tra un boccone di scuéte cun mil di agacie e mostarde di miluc codogn e una forchettata di Uardi, puar e luianie, insistono sul trionfo della vernice ai piedi, a tutte l’ore. Sopra, poi, a piazer, tendente all’elegante sviato sull’azzardo.
Fanno scattare applausi live i signori e la signora del Premio, l’archeologa arborea Isabella Dalla Ragione. Curioso come il Nonino sia stato, per alcuni, una sorta di pre Nobel o comunque un anti di successi planetari.
Ne sarebbero lieti Cyprian Broodbank - che ha firmato una Storia del Mediterraneo da far davvero vicenda a sè - Pierre Michon, l’autore di Vite Minuscole, un totem in Patria, e l’inglese John Gray, filosofo politico assai griffato e soprattutto ascoltato.
In seicento e più si sono salutati, abbracciati, baciati, hanno sorseggiato volentieri grappa, ballato, preso appunti, inneggiato ai pensieri colti, non pochi, liberati per farci capire a che punto della storia siamo.
Giannola taglia corto e inneggia alla «Lotta continua». Col significato che sappiamo, non serve spiegare.
Ermanno Olmi si è trovato di fronte un degno amico per il desinare, quell’Omero Antonutti scelto, una vita fa, più o meno, per rimettere in circolo il capolavoro dei Taviani, Padre e padrone. Certo, il maestro e il grande friulano dalla voce potente si conoscono bene. Già nel 1994 Omero fu Noè nella Genesi di Olmi. E non manca molto all’ennesimo debutto del regista bergamasco, il suo docu film sul cardinal Martini. «Non sarà la solita biografia noiosa - ci confida sottovoce - ha il piglio del film. Chi l’ha visto dice che si è divertito», confida sorridendo. E svela: «Andremo in scena il 10 febbraio». Uscire con tanta prepotenza da un piccolo Friuli non è passo agevole, raggiungere il mondo è un’unicità, se la base è la nuda terra. «Il futuro si conquista solamente se non ti dimentichi mai da dove vieni», ci fa capire Giannola. Ed è bene appuntarselo da qualche parte.
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