Non solo muscoli e potenza: il pugilato secondo Carnera

«La velocità è molto più importante del peso… Una guardia fondamentalmente errata può ridurre del 50% la velocità naturale del pugilista… La qualità del pugno dipende dall’angolo con cui il colpo è portato… La rapida percezione visiva è una dote indispensabile del pugilista… Impiegando troppo spesso il destro il pugilista indebolirà la sua difesa… I manager dovrebbero essere sottoposti ad un severo esame che ne stabilisca l’idoneità tecnica e morale…»: ecco alcune frasi tratte da un piccolo ma prezioso “Trattato di arte pugilistica” di oltre settant’anni fa, in parte già pubblicato nel 1987 a Tricesimo da Roberto Vattori e ora riproposto integralmente nel libro intitolato Carnera. Il pugilato secondo me, Tiglio Edizioni (Udine).
In realtà il titolo recita anche: Carnera. Boxing according to me, giacché l’opera offre il testo a fronte in inglese e si presta così fin da subito ad un’ampia circolazione.
Quel che più interessa, tuttavia, è che il suddetto trattato, dettato da Carnera in persona a Leonardo Picco (ovvero il comandante partigiano “Tom”, suo fidatissimo amico), dimostra una volta di più che il campione friulano non era solo una massa di muscoli e di potenza né tanto meno un bluff, bensì un atleta capace di sviluppare una concezione personale della boxe, oltre che consapevole dei suoi limiti e determinato a superarli con meticolosa applicazione e faticosissimi allenamenti.
Il “Trattato” rappresenta peraltro solo una parte del libro firmato da Franco Dugo – pittore ed esperto di pugilato, autore sia della Prefazione sia dei pregevoli disegni che compaiono in prima e quarta di copertina – e da Umberto Sarcinelli. Quest’ultimo ha curato, oltre all’Introduzione, i testi delle sezioni “Carnera oltre il ring” (con memorie di Leonardo Picco), “Carnera vs Joe Louis” (con l’inedito racconto dei retroscena del match del 1935, che getta una luce drammatica sul cinismo dei manager di Primo) e “Leonardo Picco, l’amico di una vita” («Il campione e il partigiano: quasi che la retorica patriottica unisca due destini in una leggenda»).
Da segnalare inoltre sia il notevole apparato iconografico sia gli interventi del sindaco di Sequals Enrico Odorico («Carnera è Sequals», scrive) e del presidente del Coni Friuli Venezia Giulia Giorgio Brandolin, del quale non si può che condividere l’affermazione: «Il campione di Sequals ha incarnato la parabola del friulano degli inizi dello scorso secolo, che ha riscattato la sua condizione di povertà e disagi dopo le devastazioni della Prima guerra mondiale con le proprie forze, con la caparbietà del lavoro, la capacità di sacrificarsi e sulla base di semplici ma fondamentali valori umani: rispetto, onestà, famiglia».
Anche per questo la vicenda di Carnera, già oggetto di numerose altre pubblicazioni (ma pure di film, libri, fumetti, realizzazioni televisive, teatrali e radiofoniche…), «non può essere mai dimenticata, ma coltivata», e perciò ogni nuovo lavoro che rechi un contributo significativo è benvenuto. Come scrive Sarcinelli, infatti: «Il pozzo della storia non ha fondo e se anche lo si raggiunge è possibile scavare ancora frammenti di verità, o elementi che correggono e completano quanto già saputo e divulgato».
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