Nievo inedito, questa volta è “Sandrino”

I taccuini del fratello minore riscoperti nell’archivio dallo storico Olivieri. Gaspari li pubblica ed è subito premio Fiuggi
Di Paolo Medeossi

PAOLO MEDEOSSI. I Nievo garibaldini furono due. Tutti conoscono quello famoso, Ippolito, l’autore delle “Confessioni di un italiano”, del quale si può ricostruire ogni passaggio, ogni fase, grazie alle lettere o alle infinite testimonianze. Una vita romanzesca, in ampia parte trascorsa in Friuli, fino al mistero della morte nel naufragio del piroscafo Ercole, nel marzo del 1861. La tempesta travolse la vecchia nave oppure fu un attentato architettato per eliminare un personaggio scomodo come Ippolito, responsabile amministrativo nella spedizione dei Mille? Pasolini scrisse che la storia dell’Italia unita iniziò da tale enigma, forse la prima “strage di Stato”, che in seguito registrò numerosi tragici casi fino ai tempi nostri. L’altro Nievo coinvolto in quelle vicende fu il fratello minore, Alessandro, nato a Udine il 14 aprile 1839, che inizialmente restò escluso dall’impresa, per volontà proprio di Ippolito. Quando quest’ultimo decise di partire e di imbarcarsi con il generale per la Sicilia, il 5 maggio 1860, informò solo l’altro fratello Carlo, tenendone all’oscuro il fervoroso e piú piccolo Alessandro, con il quale poi per lettera si scusò cosí: «Sentii che eri arrabbiato dall’essere io partito senza avvisarti. Ma avvisarti era un dire “vieni con me” e a dirtela schietta io non voleva prendermi presso la mamma questa responsabilità». Ma nemmeno due mesi dopo sarà proprio Ippolito a invitare Alessandro, anzi Sandrino, come era chiamato in famiglia, perché lo raggiungesse a Palermo conquistata dalle camicie rosse. Cosí a fine luglio il ragazzo piombò in Sicilia (dalla quale intanto Ippolito spediva le prime lettere a casa narrando la sua disillusione e con intuizioni profetiche su cosa sarebbe accaduto dopo) diventando volontario garibaldino e venendo inviato a Messina dietro raccomandazione dell’intendente generale Acerbi, superiore di Ippolito, che era suo vice. Mentre quest’ultimo restò a Palermo per far quadrare faticosamente i conti, immerso nelle scartoffie, il prode Alessandro seguí Garibaldi in Calabria e nelle altre battaglie fino a Teano. Chiusa la parentesi militare, il 28 ottobre 1860 (poco dopo aver partecipato alla spedizione) si laureò in ingegneria a Napoli affrontando con successo la sua professione. Nel 1866, a La Spezia, si sposò con Amalia Vivaldi, da cui avrà un figlio, chiamato Ippolito, dal quale discendono i Nievo attuali, tra i quali tale nome (che l’autore delle “Confessioni” aveva a sua volta avuto per ricordare la nonna materna, una contessa di Colloredo Mels) è continuamente ricorrente. Ramo familiare di cui l’esponente piú noto è stato Stanislao, viaggiatore e scrittore che narrò nel capolavoro “Il prato in fondo al mare” le vicende del prozio.

Alessandro Nievo diventa ora protagonista grazie a un recente libro pubblicato dall’editore Gaspari di Udine e intitolato “I Nievo e la Storia, una passione di famiglia” (96 pagine, 14 euro), a cura del professor Ugo M. Olivieri, con prefazione di Mariarosa Santiloni, segretario generale della Fondazione dedicata a Ippolito e a Stanislao Nievo. È accaduto infatti che tra i faldoni dell’archivio, sempre piú esaminato e studiato, sia emerso un taccuino manoscritto di appunti che svelano una serie di indagini storico-militari, grafiche e paleografiche, in grado di fornire la cornice culturale e il percorso nella quale quei giovani intellettuali di inizio Ottocento si muovevano e si formavano. Da lí, al di là dei racconti ascoltati dal nonno materno Carlo Marin, presero le mosse i riferimenti elaborati poi nelle pagine delle “Confessioni”. L’aspetto interessante è che a raccontare tali ricerche sia stato Alessandro, come ha potuto appurare Olivieri, spiegandolo con il rapporto ambivalente di ammirazione e di volontà di indipendenza che spesso lega i fratelli minori a quelli maggiori. In quel modo Sandrino cercava una sua strada originale, in ogni senso, di pensiero e azione, perché prima decise di arruolarsi nell’esercito regolare piemontese, ma poi cedette al richiamo garibaldino e raggiunse Ippolito in Sicilia. Analogo il discorso riguardante la passione per la storia, come rivelano questi taccuini autografi che delineano un desiderio di conoscenza a partire da Napoleone e dal trattato di Campoformido, nel 1796, fatti fondamentali nell’epopea narrata nelle “Confessioni”. L’importanza di tutto ciò ha trovato conferma alcuni giorni fa a Roma dove, in Campidoglio, il libro a cura di Olivieri ha ricevuto il premio FiuggiStoria per la sezione degli inediti.

Alessandro, come s’è detto, nacque a Udine nel 1839, venendo battezzato al Redentore, ultimo di quattro fratelli. Gli altri erano il primogenito Ippolito, venuto alla luce il 30 novembre 1831 a Padova, Carlo (Soave, 1836), ed Elisabetta, detta Elisa, pure questa udinese (1837), che si sposò prima con Giuseppe Vintani di Gemona e poi con il medico Leonardo Zozzoli, di Santa Maria la Longa. Nel capoluogo friulano i Nievo erano arrivati perché papà Antonio, di origini mantovane, era stato trasferito quale pretore aggiunto, e vi rimase stabilmente fino al 1844. Abitarono prima in via Mercatovecchio e poi in via Santa Lucia, ora via Mazzini, in una modesta casa accanto al palazzo dei Florio, adesso sede dell'università. Dalla città si muovevano poco e dunque non raggiungevano il castello dei Colloredo, della cui dinastia faceva parte la nonna materna Ippolita, che aveva sposato il patrizio veneto Carlo Marin, un personaggio straordinario, ma senza mezzi. Morendo sereno lasciò questo epitaffio di sé: «Nudo nascea, nudo moria». I Marin erano un po’ in soggezione rispetto ai Colloredo e l’unico a frequentare abitualmente il castello fu proprio Ippolito, che lí vi scrisse molte pagine del suo romanzo.

Grande storia insomma quella dei Nievo-Colloredo. I taccuini inediti di Alessandro aggiungono nuovi elementi mentre una miniera potenziale resta un libro del 1948, scritto da Luigi Ciceri e intitolato semplicemente “Pisana”. Raro e mai ripubblicato, racconta tutto sul Friuli dei Nievo, a cominciare dalla straordinaria Pisana, una delle piú grandi figure d’amore nella letteratura universale, come ha detto di recente Claudio Magris. Ed era appunto una ragazza di Udine.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto