Grande Guerra in Friuli: un documentario ne racconta il dramma

Venerdì 23 maggio a Udine sarà presentato il documentario realizzato da Enrico Folisi. La regione si trasformò in uno dei fronti di combattimento più vasti

Enrico Folisi
Nelle illustrazioni è raffigurata la partenza dei richiamati, a sinistra l’arrivo del re davanti al duomo di Udine nel 1915
Nelle illustrazioni è raffigurata la partenza dei richiamati, a sinistra l’arrivo del re davanti al duomo di Udine nel 1915

A 110 anni dalla dichiarazione di guerra del Regno d’Italia all’Impero austro-ungarico, venerdì 23 maggio a Udine, alle 17.30, presso il salone d’onore della Società Filologica Friulana in Palazzo Mantica (via Manin 18), verrà presentato il documentario La Guerra del ’15 e i friulani, fotogrammi in rifrazione di Enrico Folisi, con l’autore – che qui ci ha anticipato il suo lavoro – dialogheranno Luca De Clara e Paolo Brisighelli.

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Il 24 maggio 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Impero austro-ungarico ed entrò nel primo conflitto mondiale. Gli avvenimenti immediatamente successivi per la prima volta fecero diventare il Friuli un palcoscenico internazionale in cui si sarebbe recitato il dramma della Grande Guerra, trasformandolo in uno dei terrificanti e vasti fronti di combattimento.

In regione arriveranno centinaia di migliaia di soldati che comporteranno lo stravolgimento radicale della vita di tutti i giorni: la mobilitazione e l’acquartieramento di gran parte dell’esercito, il presidio logistico nelle retrovie, la militarizzazione delle province friulane e la fortificazione del fronte di guerra. Udine venne scelta dal Generale Cadorna come centro di comando per le sue offensive, in quanto città più vicina al fronte e quindi sede dello Stato maggiore. In molti palazzi cittadini furono dislocati uffici militari e comandi, nelle scuole ospedali e nei sobborghi vennero creati depositi di munizioni e numerosi magazzini della sussistenza.

Fin dallo scoppio della guerra, per le principali arterie viarie udinesi, vi fu un continuo passaggio di truppe, e di un enorme numero di artiglierie, di camion e di carri di ogni tipo. Vi fu una crescente presenza di soldati, di sottufficiali, di ufficiali e nel giro di qualche settimana dallo scoppio del conflitto, vi giunsero anche mogli e intere famiglie di graduati e congiunti di feriti, commercianti e commessi viaggiatori e decine di giornalisti.

Udine capitale del Friuli divenne ben presto, capitale della guerra, subì le prime incursioni aeree ma fu anche meta della visita delle delegazioni parlamentari e militari dei paesi alleati e di illustri personaggi italiani e stranieri, che vi si soffermavano prima o dopo la visita al fronte. Il Re, che fissò la sua residenza a pochi chilometri dalla città, a villa Linussa a Torreano di Martignacco, fu una presenza costante nel capoluogo friulano, come quella di altri insigni rappresentanti di casa Savoia. La città sempre affollata perse molta della tranquillità che la contraddistingueva, ma le sue piccole industrie e le sue imprese commerciali fiorirono e trassero enormi benefici economici dalla presenza delle forze armate del Regno d’Italia.

Udine e l’intero Friuli assursero agli onori della cronaca, nel bene e nel male, proprio con il conflitto. Sin dall’inizio la guerra riservò agli udinesi anche momenti tristi e angosciosi: il passaggio straziante dei treni carichi di feriti, il via vai delle autoambulanze e delle barelle con feriti e moribondi per gli ospedali cittadini, e i bombardamenti aerei, ma, fortunatamente, solo alcuni causarono vittime e feriti tra la popolazione civile, ma sempre molta angoscia.

Intanto la Gorizia asburgica, città in prima linea ormai svuotata della popolazione, centro nevralgico dello schieramento austro-ungarico era divenuta il primo obiettivo delle offensive italiane; Tolmezzo, voluta dal Generale Clemente Lequio quale sede del comando della Zona Carnia, era l’affollato punto di riferimento logistico e sanitario per le truppe alpine che combattevano sulle cime; Trieste con il suo porto importante base navale operativa e principale centro dell’aeronautica di marina per le azioni contro le navi e i porti italiani viveva in attesa del suo incerto futuro.

Tutti i paesi del Friuli furono retrovia dell’esercito italiano che diede lavoro a 70.000 disoccupati (soprattutto emigranti costretti a rientrare dai paesi europei già in guerra nel 1914), utilizzati per la costruzione di strade, ferrovie, e per la sistemazione dell’apparato logistico e sanitario per il conflitto in corso. Il primo anno di guerra, al di là dell’iniziale esaltazione, fu vissuto dai soldati come straniamento, sofferenza e morte e dai civili come forzoso e repentino stravolgimento della quotidianità della vita, con difficoltà, privazioni, incertezza per il futuro e paura.

Dalla corrispondenza e dai diari di militari e civili si desumono gli stati d’animo dei soldati e della gente friulana che rispettivamente nelle trincee e nelle retrovie del fronte e nei centri cittadini subivano il conflitto, era il vero volto straziante della Grande Guerra. In Friuli già incombeva il cambiamento della realtà e ancor prima del terribile anno d’occupazione dopo Caporetto.

Molti intellettuali percepivano che il Friuli della tradizione contadina sarebbe inesorabilmente destinato a scomparire dopo il conflitto, per le distruzioni materiali dovute alla guerra totale ma soprattutto per il logoramento di quel prezioso tessuto sociale, economico e culturale che aveva tenuto insieme fino ad allora la Patria dei friulani. 

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