Il Next di Willie Peyote: «Con le app l’amore può diventare uno stress»

Il cantante rap protagonista del concerto in Castello a Udine: «Cercando il nuovo schiacciati dalle troppe possibilità»

Elisa Russo
Willie Peyote protagonista del concerto stasera in Castello a Udine
Willie Peyote protagonista del concerto stasera in Castello a Udine

Grazie ma no grazie”: il tour di Willie Peyote prende il nome dal brano che ha portato anche in gara all’ultimo Sanremo e arriva al Castello di Udine oggi, lunedì 28 luglio, nell’ambito di UdinEstate. Alle 21.30 aprono la serata i friulani Cinque Uomini sulla Cassa del Morto, band nata a Cividale nel 2013, ora al terzo album, “Ioiēn”.

Pseudonimo di Guglielmo Bruno, torinese classe ’85, Willie Peyote mescola cantautorato e rap, con testi che raccontano i tempi moderni.

Willie, è la seconda estate che il suo tour si ferma anche in Friuli.

«Sì, sono molto contento, l’anno scorso a Spilimbergo era andata bene e questa è la prima volta a Udine».

Che spettacolo porta?

«Ho la fortuna di avere con me sul palco dei musicisti incredibili, impeccabili. Cerco di lasciare più spazio possibile a loro, mi faccio piccolo. Mi piace sentirli suonare e spero sia così anche per il pubblico. Tanta musica suonata: quello è il centro; poi ci canto sopra ma la mia band è il fulcro».

Ormai il suo repertorio è corposo, da dove pesca il live?

«È uscito un disco proprio a febbraio, concludendo una trilogia iniziata con “Educazione Sabauda” nel 2015 che mi ha fatto conoscere a livello nazionale, poi “Sindrome di Tôret” fino a chiudere con “Sulla riva del fiume”: su questi tre dischi è incentrata la scaletta».

Il brano della sua seconda partecipazione a Sanremo, “Grazie ma no grazie” risuona ancora.

«Sì, ha avuto una lunga vita in radio. Il festival è stata una bella esperienza, finalmente l’ho vissuta fino in fondo perché la prima era “monca” essendo durante il Covid».

Sentiva tensione?

«Quella è giusto che ci sia, lavorativamente parlando Sanremo è la vetrina più importante, ma mi sono anche molto divertito perché ho potuto vedere cosa c’è intorno, un movimento di milioni di persone, è un’esperienza divertente che consiglio a tutti i miei colleghi almeno una volta nella carriera. Se hai qualcosa da dire, quel palco ha il suo peso».

L’incremento del seguito è tangibile?

«Nel nostro caso, andando a fare quello che facciamo sempre e cercando di porre l’attenzione su certi temi, senza l’intenzione di diventare per forza nazional-popolari e fare il salto, non percepisco una crescita esponenziale all’evento. Ovviamente qualcuno ti scopre, e questo è sempre positivo».

A maggio è uscito il nuovo singolo “Next” che parla di dating nell’epoca delle app. Un pezzo estivo?

«Racconta come siamo schiacciati dalle troppe possibilità che ci portano a volere sempre qualcosa di nuovo, senza dare il tempo alle cose di fiorire davvero, vale per gli appuntamenti e le relazioni, ma anche per la musica».

Con questa modalità anche l’amore è uno stress?

«Se è una continua ricerca, e la si vive come un colloquio di lavoro si perde un po’ la parte divertente di essere stupiti dagli incontri ed è un peccato».

“Tutti perfetti/ in base ai filtri che metti”: la situazione sta sfuggendo di mano?

«Io non li uso, da sempre preferisco la verità delle cose, in tutti i campi».

Una parola che oggi bandirebbe perché abusata?

«Storytelling, o in italiano narrazione, dove sembra più importante come lo racconti e non quello che stai facendo».

La sua lista delle collaborazioni è lunga: Roy Paci, Subsonica, Motta, Fask, Savana Funk e tanti altri.

«Rappando viene facile avvicinarsi a stili diversi, ho collaborato con artisti che stimo e con cui ho condiviso un pezzo del percorso».

Cosa ci sarà dopo la “Trilogia Sabauda”?

«Stiamo lavorando molto, abbiamo un bel flusso di scrittura. Presto sentirete pezzi nuovi».

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