Monfalcone, moto costante: la città di Paoli, Rossi ed Elisa alla prova globalizzazione

Paolo MedeossiAi piedi della Rocca si raccoglie un mondo complesso, poco conosciuto fuori di lì. È il mondo di Gino Paoli, Paolo Rossi, Elisa (quindi, un’anima molto artistica), è un mondo che...

Paolo Medeossi

Ai piedi della Rocca si raccoglie un mondo complesso, poco conosciuto fuori di lì. È il mondo di Gino Paoli, Paolo Rossi, Elisa (quindi, un’anima molto artistica), è un mondo che attorno al cantiere navale da un secolo mescola gente di varia provenienza (una volta, accanto ai bisiachi, c’erano friulani, istriani, liguri, pugliesi, mentre adesso crescono bengalesi e romeni). Benvenuti a Monfalcone, «la città nella nuvola, la città dove qualsiasi persona ragionevole sa che non c’è speranza di ritornare a un giusto equilibrio tra le esigenze produttive e la qualità della vita dei residenti perché negli ultimi trent’anni è diventata un non luogo, una sorta di suq del collocamento al lavoro dove impera il caporalato... Monfalcone procede così imprigionata in una nuvola che nasconde l’orizzonte». Parole durissime scritte da Roberto Covaz, giornalista del quotidiano Il Piccolo, monfalconese doc, che ha dedicato molti libri al Goriziano e alla Bisiacaria, terra situata tra Isonzo e Timavo, e che adesso pubblica con Mgs press un libro sulla sua città, intitolato “Monfalcone 1918-2018. Cent’anni di storia”. Sarà presentato domani, giovedì, alle 17. 30, nel Museo della Cantieristica, con interventi di Alberto Bollis, vicedirettore del Piccolo, e del sindaco Anna Maria Cisint.

Libro da consigliare a tutti perché la vicenda Monfalcone è emblematica e va analizzata a livello sociale, politico, culturale. Non a caso due anni fa ci fu il ribaltone alle elezioni e dopo 41 anni la sinistra lasciò il governo al sindaco leghista Cisint che al ballottaggio prese il 63%. Cose inimmaginabili per chi conosce un po’quell’universo, finito nel ciclone della demografia, o meglio della “geografia umana” come viene chiamata, fattore decisivo nei prossimi anni lì e ovunque: su 28 mila abitanti (nel 1975 erano 30 mila), gli stranieri sono il 22 per cento. Monfalcone è l’unico Comune in regione dove tale dato supera il 20 mentre per esempio a Udine si attesta sul 14 circa. Nel 2017, i bengalesi erano 2248 con un 14% in più sull’anno precedente. I romeni invece 1227. Per la prima volta nel 2017 i nati da famiglie straniere hanno superato gli italiani: 140 (di cui 84 bengalesi) contro 118.

Numeri che da soli spiegano un quadro complicato, tutto raccolto attorno ai destini della Fincantieri, con la quale i rapporti dell’attuale giunta furono subito tesi chiedendo all’azienda maggiore attenzione verso la città, affinché non sia “delocalizzata” come comunità e identità. La cronaca giudiziaria segnala poi continue indagini sul caporalato mentre da decenni incombe, come un incubo, la tragedia delle morti per amianto, approdata solo in tempi recenti alle condanne per i vecchi dirigenti del cantiere.

Il libro di Covaz, cronista e storico, narra tutto questo partendo, come epigrafe iniziale, dalla frase di un articolo di Gianpaolo Pansa dopo il disastro del Vajont: “Scrivo da un paese che non esiste più”.

Scenario tremendo dunque, con il quale bisogna fare i conti. E Covaz li fa attraverso un racconto disilluso e doloroso sì, ma profondamente necessario a tutti noi. –



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