Mittelfest, a Cividale Vinicio Marchioni: «Racconto miserie umane dall’amore alla morte»
Il regista dello spettacolo Illusioni al Ristori. «Un testo su tutto quello per cui l’umanità si affanna»

A diciassette anni dal glaciale il Freddo di “Romanzo criminale” — capobanda di una “batteria” del Testaccio — Vinicio Marchioni prosegue la sua frenetica andatura cinematografica e, soprattutto, teatrale.
«A volte mi chiedono: ah, ma sei tornato in scena? Non mi sono mai mosso da qui, rispondo. La prosa è un medicamento insostituibile. Eh, il Freddo. Già. Da allora sono passati due figli, quarantacinque film e dieci tournée».
Stavolta Vinicio ha scelto di stare al comando per dirigere quattro giovani attori del Dramma Italiano di Fiume in una commedia firmata da un russo naturalizzato polacco dal nome impronunciabile: Ivan Vyrypaev, drammaturgo del 1974 con una notevole collezione di scritti intriganti. Quello che ci interessa ora è “Illusioni”, due coppie di trentenni occupati a raccontare le gesta di altrettanti anziani accoppiati, «in forma di monologo», precisa Marchioni.
La prima sarà per stasera, venerdì 25, alle 21.30, al teatro Ristori di Cividale, pièce inserita nel cartellone di “Mittelfest”, festival impegnato, per l’occasione, anche nella produzione assieme a HNK Ivan Zajc e allo stesso Dramma Italiano. Nel cast, Ivna Bruck, Serena Ferraiuolo, Mirko Soldano, Andrea Tich.
Titolo impeccabile per spiegare quanto l’uomo contemporaneo s’illuda spesso di un qualcosa per ricevere spesso delusioni. L’ha scelto per questo?
«Me ne innamorai leggendolo. È un testo profondamente radicato nella terra di madre Russia, direi cechcoviano, che tratta le miserie umane — dall’amore alla morte — tutto quello per cui l’umanità si affanna sin dall’età della pietra e le espone con estrema leggerezza e mistero. Nulla è svelato all’accendersi dei fari, solamente ciò che si vede: quattro persone che parlano di esistenze altrui segnate da percorsi tortuosi e seminati di tradimenti veri o presunti, scelte, abbracci, tutto ciò che ci accompagna nei “tour” affrontati in due. Che la vita sia illusione e sogno già ce lo spiegarono la tragedia greca prima e Shakespeare poi».
In realtà è una materia che sia alimenta decennio dopo decennio con nuove angolazioni da esplorare.
«Ci muoviamo in un’era estremamente materiale, governata dall’economia e dal denaro. Vince chi urla più forte, nessuno si perde nella contemplazione — che ne so — della natura o di un quadro. Questo tipo d’illusione ti risolleva l’animo, anche solo per un istante. I social ci spingono a esibire la parte migliore di noi o quello che presumiamo sia la parte migliore di noi. E le notizie? A determinare la loro uscita è il numero di visualizzazioni che potrebbero raccogliere. Siamo vittime delle illusioni».
Gli autori russi hanno un gran seguito e fama, al contrario dei nostri commediografi costretti a vivere nelle retrovie.
«Assolutamente vero. Il teatro risulta essere un’arte poco cool al giudizio del gradimento globale italiano. Anche i giornali, col tempo, hanno ridotto parecchio lo spazio dedicato alla prosa. Nelle presentazioni che mi riguardano, gli organizzatori sono solerti a rimarcare le pellicole che ho interpretato, ma poco dicono di quanto io sia stato impiegato sul palco. Credo fermamente che oggi la recitazione sia la cosa più rivoluzionaria nell’unico luogo predisposto a fare incontrare le persone, alla presenza di un punto di vista preciso e di un’unità di tempo e di luogo. Ogni sera va in scena un qualcosa di unico, rinnovandosi il rito attraverso il quale l’essere umano viene rappresentato per capire chi è in realtà».
Lei ha scritto che questa è la sua sfida più pericolosa.
«Mi sono detto: proviamo a sperimentare. D’altronde lo spettatore va coinvolto e travolto, non possiamo lasciarlo passivo a sonnecchiare sulla poltroncina della platea. Deve compiersi l’incantesimo dell’ascolto con la creazione di un campo magnetico tale da calamitare il pubblico al pensiero e alla riflessione. È fantastico quando si esce “modificati” da una rappresentazione».
Che regia è stata la sua, Vinicio?
«Quella di un attore che conosce i meccanismi di chi pesta le ruvide tavole, come si dice. Ce la siamo spassata, una condizione indispensabile per creare un buon flusso tra di noi. Perché “Illusioni” non è soltanto dramma. Ci si diverte pure».
E del Mittelfest che ci dice?
«Un festival che non esiste in giro se non magnificamente qui. Unico e con la forza di saper far confluire i sentimenti europei dell’arte dietro un solo immenso sipario».
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