Il ministero della solitudine: lo spettacolo su uno dei mali del nostro tempo al Giovanni da Udine

Mercoledì 12 febbraio sul palco del Teatrone, interpretato dalla compagnia Lacasadargilla. La regista Natoli: «Cinque storie che si intersecano»

Mario Brandolin
Un’immagine dello spettacolo Il ministero della solitudine FOTO Claudia Pajewski
Un’immagine dello spettacolo Il ministero della solitudine FOTO Claudia Pajewski

Arrivano al Teatro Nuovo Giovanni da Udine mercoledì 12 febbraio, uno spettacolo, Il ministero della solitudine, e una compagnia Lacasadargilla, tra i più premiati e rappresentativi nel panorama del nuovo teatro italiano. Lo spettacolo rientra infatti nel progetto Itinerari nel teatro contemporaneo, progetto condiviso tra Fondazione Giovanni da Udine e Css.

E che cosa c’è di più contemporaneo di qual male sociale ed esistenziale che è la solitudine? E che cosa c’è di più contemporaneo di quel non sapersi ascoltare e ascoltare gli altri in quel chiacchiericcio indistinto in cui tutto sembra perdersi nel giro di un attimo, come la comunicazione che si consuma sui social? Ecco Il ministero della solitudine coniuga queste due emergenze e le porta in scena in uno spettacolo che è valso ai suoi registi, Lisa Ferlazzo Natoli e Alessandro Ferroni, il Premio Ubu 2023.

Uno spettacolo scritto a più mani dagli stessi interpreti, Caterina Carpio, Tania Garribba, Emiliano Masala, Giulia Mazzarino, Francesco Villano, Premio UBU come miglior performer, con Fabrizio Sinisi che ha curato la drammaturgia del testo. E che la solitudine rappresenti una vera e propria emergenza del nostro tempo lo testimonia ilfatto che il governo inglese nel 2018 ha istituito un Ministero apposta: il Ministero della solitudine, da cui sono partiti gli artisti de Lacasadargilla.

«Eravamo –racconta Lisa Natol – un paio d’anni fa alla ricerca di un nuovo testo, tra i tanti della drammaturgia contemporanea, ma al tempo stesso cresceva in noi il desiderio di tornare a una scrittura originale. Ecco eravamo abitati da curiosità ambizioni pensieri soprattutto urbani sulle vite di tutti noi, e una sera Loredana Parise, autrice dei video dello spettacolo, parlando di sè dice, ho letto che hanno appena aperto il ministero della solitudine in Inghilterra, mi sa Che mi candido. Da lì abbiamo preso il coraggio di affrontare e forse superare lo scandalo della solitudine che è sociale psichico politico emotivo».

Come avete proceduto nella scrittura del copione che si compone di cinque storie tante quanti sono gli interpreti?

«Ognuno, durante molte sessioni di discussione e scambio di pensieri, emozioni, ha stilato una storia, che in qualche modo lo rappresentava o rappresentava quella che per lui era la solitudine e come agiva nelle nostre vite. E soprattutto come farle arrivare all’interno di questo Ministero che le doveva accogliere e che non volevamo come un luogo kafkiano, ma concreto, vivo, capace di rispondere a delle domande, quali come si quantifica la solitudine, come la si cura, come si risponde a questo che è un grave problema che investe la nostra società? Anche perché poi il Ministero inglese è stato un fallimento proprio perché non sapevano come rispondere a queste domande».

E voi che risposte vi siete dati?

«Innanzitutto abbiamo riposto provando a mettere insieme queste cinque storie questi cinque personaggi, che costantemente si sfiorano si guardano esistono ma non coesistono e come questi approcci potrebbero modificare di un minimo la condizione di solitudine che cresce come una muffa. Si troveranno, infatti a condividere uno spazio che abbiamo chiamato Only you. Un luogo colorato, musicale, per uno spettacolo che abbiamo voluto anche divertente, a tratti comico, niente di respingente o versato sul lato tragico, cui l’argomento potrebbe indurre».

Dei vostri spettacoli è stato detto che sono dei concertati “musicali”, ovvero fortemente caratterizzati da un impasto tra parole e musica e tra voci diverse “sparpagliatamente soliloquanti”.

«È assolutamente così. Cinque storie che vivono ciascuna di vita propria ma che si intersecano si sovrappongono come in un concertato. Cui noi assistiamo come dal vetro di un acquario, stimolati a decifrare i tic e le affezioni fisiche dei protagonisti che intessono una minuziosa partitura gestuale e sonora che sfiora la danza. Perché questi cinque personaggi possono essere tutti e nessuno e quindi ciascuno di noi». —

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