Nel cuore della montagna: storie di un microcosmo legato alla miniera di Cave del Predil
Il nuovo romanzo del sociologo Gobbicchi “Cielo di pietra”: un racconto ambientato negli anni ’70 in un’area difficile

Ce fâstu li sintât?/ Tra cinc minûts al scomenze il turni./O cjali il cil. Ancje vuê?/Ogni dì prime di lâ jù là sot./Parcè?Parcé che o ài pôre di dismenteâmal”. Con questo esergo in forma di dialogo, poesia esistenziale della paura di chi ha guadagnato il pane mettendo a repentaglio la vita nelle viscere della montagna, si entra nella narrazione di “Cielo di pietra” di Alessandro Gobbicchi (Cierre Edizioni pagg.375, euro 17) da poco nelle librerie. Un romanzo scritto con l’urgenza di raccontare il microcosmo della minuscola frazione di Cave del Predil in comune di Tarvisio dove, fino ai primi anni ’90 del secolo corso, sono state in funzione le miniere di piombo e zinco del Monte Re, oggi museo e luogo di memoria. Un reticolo di 120 chilometri di gallerie fino a 520 metri di profondità dove lavoravano, sfidando ogni giorno la sorte di poter tornare a vedere il cielo, italiani, sloveni e austriaci.
In questa piccola porzione di territorio montano, all’estremo Nordest d’Italia, si snoda il racconto a metà degli anni ’70 in un ambiente inospitale e duro per le condizioni di vita socio-economiche regolate dalla miniera e per i rigori atmosferici. «Da sociologo ho voluto raccontare la vita in una comunità che si era sviluppata in condizioni molto difficili», spiega Alessandro Gobbicchi docente in diversi atenei italiani e un curriculum internazionale di visiting professor all’università del Maryland e attività di ricerca a Yale e Oxford.
Ma anche autore dei saggi sui temi “La tentazione autarchica”, “I meandri della ragione” e “La Cina e la questione ambientale” oltre a numerosi articoli su riviste italiane e questo quarto romanzo. Una narrazione che rappresenta e rende vivo un passato intriso di temi fortemente attuali. Ambiente e dinamiche sociali e personali che l’autore, nato a Udine ma da anni residente altrove, ha ricostruito sia sulla base di ricerche e testimonianze di minatori e gente del luogo, sia tornandovi periodicamente.
Lo stile di scrittura è improntato a un nitore di linguaggio anche nella costruzione dei singoli personaggi. I dialoghi non essenziali, diretti così come le descrizioni di ambienti, situazioni, relazioni che, in condizioni di durezza di vita, non possono indulgere in sofismi o investire energia in altro che non sia utile alla sopravvivenza.
Fra queste però non sono considerate superflue né la cultura né lo studio, e tanto meno il confronto di pensiero e opinioni, pilastri, assieme alla solidarietà, per affrontare difficoltà e pericoli. Il Messaggero Veneto e il Giornale di Cave del Predil sono il luogo di dibattito e denunzia, a confermare il ruolo sociale al servizio della comunità del giornalismo. Nella piccola comunità emergono i conflitti di classe fra operai, impiegati e proprietà, e di genere fra le donne friulane forti e gli uomini sottoposti alla massacrante fatica in miniera.
Ampio spazio viene dato alle tematiche della tutela della vita sul posto di lavoro e al rapporto fra uomo e macchina, nella frenesia di aumentare la produzione da parte dei padroni e il miraggio dei dipendenti di guadagnare di più. Unica e forte la comprensione e la solidarietà fra lavoratori, non importa la nazionalità e la lingua, non importano più i rancori del passato frutto di guerre e avvelenati nazionalismi.
Tutti fratelli nel fronteggiare il costante pericolo nelle viscere della terra. Come in guerra, importante è non morire. «Ho creato dei personaggi che hanno rapporti leali e sinceri, semplici nell’essenzialità delle esistenze ma spontanei, senza quell’artificiosità di rapporti che poteva mettere in pericolo la vita di tutti».
La natura è protagonista, la comunità stringe un’alleanza con la montagna: «Un patto con un compagno inflessibile e severo: l’avrebbero trattata con rispetto e avrebbero preso da lei solo il necessario per sopravvivere; lei in cambio non si sarebbe ribellata e li avrebbe protetti qualsiasi cosa fosse successa».
Uno spaccato di un Friuli scomparso ma del quale restano vivi i valori e la memoria.
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