Micossi colora i versi di Pasolini e spunta un Friuli che non c’è più

La mostra “Jù pai ciamps di Versuta” a Casarsa offre due suggestivi percorsi. Il pittore aveva accettato di misurarsi con i luoghi del poeta nel 1994-1995

Fino al 18 luglio al centro “Pasolini” di Casarsa sarà possibile visitare la mostra “Jù pai ciamps di Versuta”, che propone il paesaggio friulano in due percorsi paralleli di alta suggestione: quello cantato in prosa e in poesia da Pier Paolo Pasolini e quello interpretato con segni e colori da Mario Micossi.

La distanza temporale fra le parole e le immagini è di cinquant’anni, ma le due sequenze, memorizzate da un meraviglioso catalogo, appaiono simbiotiche. Il pittore di Artegna aveva accettato di misurarsi con i luoghi di Pasolini nel 1994-1995, per contribuire da par suo al volume “Ciasarsa”, pubblicato dalla Società Filologica Friulana in occasione del cinquantesimo di fondazione dell’Academiuta di Lenga Furlana, a Versuta il 18 febbraio 1945.

Ma che cos’è Versuta, dove si trova? Era un gruppetto di case rustiche due chilometri a sud di Casarsa, raccolte intorno a un’antica chiesetta e a una fontana che faceva brillare nel sole la fresca acqua di risorgenza, cantata dal poeta come “fontana di rustic amòur” nell'incipit di “Poesie a Casarsa” del 1942.

La chiesetta di Sant’Antonio abate, l’architettura rurale, la fontana, le rogge, i gelsi, le biche di granturcale, e sullo sfondo le montagne de “la Ciargna soreglada”, sono le forme ricorrenti dei disegni, dei graffiti e delle incisioni dell’artista arteniese, collaboratore grafico di “The New Yorker”, presente nelle principali collezioni del mondo, dall’Albertina di Vienna al Fogg Museum at Harvard University, ma fra essi appare anche il “casèl”, ormai quasi scomparso nel paesaggio reale.

Che cos'era il “casèl”, isolato fra i campi sotto un grande cedro negli anni Quaranta? Era un capanno in muratura (quattro metri per cinque), che fungeva da deposito di attrezzi o prodotti agricoli, ma adoperato nel 1943-1945 dal poeta e da Susanna Colussi, sua madre, per far scuola ai bambini che non potevano frequentare le lezioni a San Giovanni o a Casarsa, centri troppo esposti ai bombardamenti.

Il “casèl” è quindi un “luogo sacro” per la storia culturale del Friuli nel XX secolo ma, a differenza della chiesetta e della fontana, è privato, e ciò significa, nel settentacinquesimo di fondazione dell’Academiuta, diroccato e immerso in un vigneto, quindi inaccessibile e invisibile.

In questo caso non si può dire che l’ente pubblico, cioè il comune di Casarsa, non abbia tentato di salvarlo e di renderlo fruibile: ottenuto dalla Regione adeguato finanziamento, ha avviato una procedura di esproprio, ma il proprietario si è opposto e si è inoltrato nella palude dei ricorsi all'italiana.Staremo a vedere come finirà.

Per il momento possiamo soltanto prendere atto che dopo aver visitato la mostra non sarà possibile vedere dal vivo il “casèl” nel paesaggio di Versuta: un paese da nulla, per dirla con Aldo Palazzeschi, se Pasolini, con la poesia e la sua Academiuta non l’avesse collocato nell’alta letteratura dell’Europa. Anche Casarsa sarebbe poco più di un paese da nulla se gli enti pubblici (Regione, defunta Provincia e Comune di Casarsa) non avessero deciso di istituire il Centro Studi, noto ormai a lungo raggio, e se Piero Colussi non avesse creato la Summer School, frequentata ormai ogni estate da studiosi di tutto il mondo.

La mostra è visitabile da martedì a domenica dalle 15 alle 19; nei week-end anche dalle 10.30 alle 12.30.

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