Michelotti il “Guastatore” che tenne uniti i partigiani

Siamo nel settantesimo anniversario della conclusione della lotta di Liberazione, e la storia vissuta dalla nostra gente negli anni della guerra e della Resistena è ormai fissata in pagine e pagine di storia. A mano a mano che, col passare degli anni, ci si allontana da quei drammatici anni si attenua la dimensione umana della storia, orientata a far prevalere, probabilmente anche giustamente, le vicende collettive, quelle che hanno interessato le intere comunità, le movitazioni ideali e quelle politiche di un movimento che, pur con mille contraddizioni e momenti di reflusso, ha saputo costruire un’Italia nuova e darci una Carta costituzionale di altissimo profilo morale e sociale.
Parallelamente, nel nostro ricordo, si allontanano sempre di piú e sbiadiscono le figure dei protagonisti, quelli che sono stati gli uomini e le donne della Resistenza, quelli che l’hanno fatta, vissuta, sofferta e che per la cui affermazione hanno messo in gioco la loro vita. La storia non riesce se non raramente a cogliere lo spessore di “vita vissuta”, di un’umanità nello stesso tempo protagonista e vittima della propria storia, non recupera le pulsioni vitali, gli alti valori e le testimonianze di fede che hanno mosso quegli uomini e quelle donne.
Ora, recuperare e far rivivere la figura di un partigiano attraverso le pagine di un libro, i ricordi dei compagni e degli amici, attraverso le note scritte che ha lasciato, attraverso le lettere ai suoi familiari, significa anche e soprattutto dare una dimensione umana, reale, viva, in questo caso, alla lotta di Liberazione, ritrovare una dimensione che i libri di storia raramente riescono a trasmettere e che ritengo importantissima a corredo delle consocenze “scientifiche” che noi abbiamo della storia.
Ed è quello che ci trasmette Angeli con questo libro, attraverso la ricostruzione delle vicende di cui è stato protagonista Umberto Michelotti, il partigiano “Berto”, il comandante di uno dei reparti piú vitali e combattivi della Resistenza osovana, il Battaglione Guastatori Osoppo.
Il ritratto che risulta da queste pagine è anche il ritratto dei giovani militari che escono, dopo l’8 settembre, dall’esperienza di una guerra disastrosa, con una nuova coscienza: basta con quello che è stata l’Italia fascista, basta con i soprusi della dittatura, basta con una guerra senza senso che ha prodotto solo lutti e distruzioni, e basta con l’ultima eredità lasciataci dal fascismo, l’occupazione straniera, la nostra gente caduta nelle mani di un feroce e disumano nemico e a costui sottomesse.
La nuova coscienza sospinge i migliori figli della nostra povera Italia a reagire, a non rimanere passivi e assenti dalla storia del proprio Paese. E cosí nasce la volontà di riscatto, la volontà di costruire una società nuova e di eguali, nasce la Resistenza, che Michelotti comincia a fianco di chiunque condivida la finalità di rendere difficile se non impossibile la vita dell’occupatore tedesco e ai suoi collaboratori.
E cosí è vicino alla già esperta Resistenza jugoslava con la quale inizia la lotta e con la quale mantiene amichevoli rapporti, collabora con i garibaldini, è vicino alle missioni alleate che lo stimano per la sua esperienza e per le sue capacità, è un moderato sorretto da idee chiare e da una ferrea volontà. È l’uomo dell’unità antifascista e antinazista, non l’uomo delle divisioni o delle contrapposizioni. Un esempio per tutti.
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