Massacri su larga scala e conversioni forzate: ecco come i turchi eliminarono i cristiani

TOMMASO PIFFER
In un’epoca segnata da un diffuso complesso di colpa dell’Occidente cristiano nei confronti dell’Oriente musulmano, il lettore troverà un utile correttivo nel volume di Benny Morris e Dror Ze’evi Il genocidio dei cristiani (Rizzoli). Il testo racconta come tra il 1894 e il 1924 i turchi eliminarono, attraverso massacri su larga scala, espulsioni sistematiche e conversioni forzate, gran parte delle minoranze cristiane dell’Asia minore. L’obiettivo di quello che gli autori non esitano a definire un unico, omogeneo e gigantesco crimine contro l’umanità? La creazione di uno stato omogeneo dal punto di vista religioso. Il risultato? Se alla metà del diciottesimo secolo le minoranze cristiane costituivano circa il venti per cento della popolazione dell’Asia minore, nel 1924 erano solo il due per cento.
Il libro di Ze’evi e Morris, che è già autore di una fondamentale storia del conflitto israelo-palestinese e di numerosi lavori sul Medio Oriente, è nato come uno studio dello sterminio turco degli armeni durante la Prima guerra mondiale. È una pagina tuttora controversa: la comunità degli studiosi è sostanzialmente unanime nel ritenere che si sia trattato della prima forma di genocidio moderno, mentre gli studiosi filoturchi lo relegano a conseguenza non pianificata di un’operazione legittima, volta ad allontanare dai confini una minoranza ostile mentre il paese era impegnato nella guerra contro l’impero russo e l’impero britannico.
La questione infiamma periodicamente le relazioni tra l’Europa e la Turchia, ed è un ostacolo non indifferente sulla strada dell’integrazione di quest’ultima nella Comunità Europea (in Francia la negazione dell’olocausto armeno ha rilevanza penale).
Ma incrociando documenti americani, britannici, francesi, turchi, tedeschi e austroungarici, gli autori si sono resi conto che lo sterminio degli armeni non fu che una fase di un progetto sistematico volto allo sradicamento delle minoranze cristiane in un arco di tempo che va dal 1894 al 1924.
Il progetto, guidato dai governi centrali succedutisi in tre decenni con la complicità di esercito, funzionari locali e, in diversi casi, anche della popolazione locale, si compì essenzialmente in tre fasi. La prima è la persecuzione degli armeni ad opera del sultano Abdul Hamid II tra il 1894 e il 1896, mentre l’impero ottomano si disgregava sotto la spinta delle rivendicazioni nazionali e della pressione delle potenze imperiali europee.
La seconda fase è appunto quella del genocidio armeno del 1915-1916 compiuto dai Giovani Turchi, che avevano preso il potere nel 1909. E la terza e ultima fase comprende il massacro o il trasferimento forzato di greci, siriaci e degli armeni superstiti tra il 1919 e il 1924 ad opera del regime di Mustafa Kemal Atatürk.
A fare da collante tra tre epoche storiche e tre regimi tanto distanti tra loro fu il carattere religioso delle persecuzioni, compiute in nome dell’Islam da musulmani turchi con la complicità di altri musulmani (tra questi i curdi si distinsero per brutalità). È significativo, ad esempio, che nella gran parte dei casi la conversione all’Islam potesse evitare la morte, e che i turchi fossero pronti a prendere in casa le mogli o i figli dei cristiani per farne dei buoni musulmani. O che a essere presi di mira fossero anche i cristiani assiri, che a differenza degli armeni non avevano alcuna ambizione nazionale o rivendicazione separatista.
Ma la connotazione religiosa non va sganciata dal contesto storico, come giustamente gli autori sottolineano nelle conclusioni: dopo tutto, le minoranze religiose avevano vissuto per secoli all’interno dell’impero ottomano, seppur come cittadini di serie B. A scatenare il genocidio dei cristiani tra 1894 e il 1924, che peraltro si inserisce in un più ampio processo di scristianizzazione del Medio Oriente in atto da oltre due secoli, furono anche il progressivo declino di una società musulmana, che si percepiva minacciata dall’interno e dall’esterno, e il sorgere delle tensioni nazionaliste che infiammavano l’intera Europa fin dal secolo precedente. Il risultato fu una scia di sangue con la quale la Turchia moderna deve ancora fare i conti.—
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto