Marco Balzano racconta il libro sulla Carnia: «Esploro i temi del viaggio e della memoria»
Lo scrittore vincitore del Premio letterario Fvg ospite di Pnlegge oggi a Tolmezzo, domani ad Ampezzo

Marco Balzano, Premio Campiello 2015 e Premio Bagutta 2019, quest’anno vincitore della terza edizione del Premio Letterario Friuli Venezia Giulia “Il racconto dei luoghi e del tempo”, istituito dalla Regione Friuli Venezia Giulia con Fondazione Pordenonelegge, è l’ospite atteso oggi alle 18, a Tolmezzo, nella Sala Centro servizi Museale adiacente al Museo Carnico delle Arti popolari “Michele Gortani” e domani alle 11, a Palazzo Angelo Unfer, ad Ampezzo in dialogo con il poeta e scrittore Gian Mario Villalta.
Tema dell’incontro tra lo scrittore milanese e il direttore artistico di Pordenonelegge, il racconto lungo “l’estate della neve” (Italo Svevo editore), legato ai luoghi della Carnia e scritto da Balzano, su commissione, essendo vincitore del riconoscimento che promuove l’eccellenza culturale della regione attraverso l’opera letteraria di autori del nostro tempo. un titolo suggestivo che apre lo sguardo del lettore su una giornata estiva e rimanda – svela lo stesso autore – all’eccezionalità dell’evento, al vuoto improvviso che la tragica notizia crea in un uomo che aveva deciso di andarsene per sempre, ma viene richiamato in Carnia per la morte improvvisa dei suoi genitori in un incidente stradale. Ma l’estate della neve è anche il ricordo che il protagonista ha di una lunga passeggiata con il padre, interrotta da un’improvvisa nevicata.
Quali sono i temi dal racconto?
«Esploro le tematiche del viaggio e della memoria che mi appartengono fortemente. Il protagonista del racconto, Martino Pozzi, ha 46 anni, è un traduttore che vive a Milano, lontano dai genitori. Il suo è un viaggio di ritorno sui luoghi della memoria. Dovrà riprendere le misure con il mondo che ha lasciato, fare i conti con le case che parlano anche dopo che sono rimaste vuote».
A proposito di temi che le appartengono lei ha scritto un saggio “Le parole sono importanti” (Einaudi) e per Feltrinelli è da poco uscito “Cosa c’entra la felicità? Una parola e quattro storie”…
«Io penso che rientri nel lavoro degli intellettuali far sì che il linguaggio non venga geneticamente modificato, dalla politica, dai media, dal web. La manipolazione delle parole è un’operazione di lunga data. Il potere è sempre interessato a modificare le parole perché ha bisogno che la lingua esalti il potere stesso. Il linguaggio è uno strumento di libertà. Nel saggio del 2019 “Le parole sono importanti” mi sono occupato di dieci parole che intervenivano continuamente nel dibattito pubblico. Con il saggio sulla felicità ho fatto un lavoro più comparatistico. Sono andato a vedere quale immagine contenessero nelle lingue che ci appartengono: il latino, il greco, l’ebraico e l’inglese. Sono quattro visioni diverse. Spesso abbiamo della felicità un’idea rigida e sclerotizzata. L’etimologia ci apre lo sguardo».
Restando sulle parole quale la più abusata?
«Emergenza. Gli anni difficili che abbiamo trascorso l’hanno svuotata di senso. Se è sempre emergenza, se ogni cosa è emergenza, finisce che niente lo è».
Prossimi progetti?
«Un libro per bambini per la Festa del papà a marzo, e un romanzo di diciotto racconti. I protagonisti vanno tutti nello stesso bar, il Caffè Royal e sono senza saperlo, una comunità».
Un intreccio perfetto anche per il cinema…
«Ci stanno lavorando».
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