Marchioni rilegge Calvino: «Nel Visconte dimezzato le contraddizioni umane»

Cividale: l’attore protagonista in piazza Duomo con i musicisti di Radio Zastava. «Con il suo stile da favola, è una metafora che mette invece in campo temi fondamentali»

Mario Brandolin

Una carriera lanciatissima, tra cinema teatro serie tv, quella di Vinicio Marchioni che, appena concluse le riprese a Ventotene dell’ultimo film di Paolo Virzì, “Un altro ferragosto” («di cui posso solo dire che uscirà a fine anno»), sarà protagonista sabato 22 in piazza Duomo a Cividale alle 21.30 de “Il visconte dimezzato”, una lettura intervallata da evocazioni musicali a cura di alcuni componenti dei Radio Zastava della prima delle favole amare de La trilogia degli antenati (le altre sono Il Barone rampante e Il Cavaliere inesistente), che rivelò negli anni ’50 del secolo scorso lo scrittore Italo Calvino.

Una storia, quella del Visconte Medardo di Terralba che in Boemia nella guerra tra Austria e Turchia viene squarciato in due da una bomba ritrovandosi così a vivere due parti, quella “grama” e quella “buona”, che ripercorre l’eterno conflitto tra il bene e il male.

«Quando Giacomo Pedini, direttore di Mittelfest, mi ha proposto di leggere interpretandola la favola del Visconte dimezzato di cui ha fatto l’adattamento, così Marchioni, ho subito aderito con entusiasmo, anche perché era dai tempi dell’università che non affrontavo Italo Calvino, le cui Lezioni americane hanno costituito per me un momento basilare».

Che cosa la colpisce di questo Calvino?

«La sua scrittura, che utilizza la fantasia, un tipo di linguaggio apparentemente leggero da favola come se fosse un romanzo di formazione per una metafora invece che mette in campo temi fondamentali, come quelli che incarnano le due metà del Visconte, che parlano delle contraddizioni che sono tutte dell’uomo. E farlo come fa Calvino con leggerezza per comunicare questi temi mi sembra una cosa meravigliosa per questi tempi».

A proposito di questi nostri tempi, lei se la sente di essere ottimista, così come in fondo lo è Calvino nel cui racconto alla fine trionfa il bene, la metà “buona” di Medardo?

«Se essere ottimisti significa prodigarsi affinché il bene vinca, sì! Nel senso che utilizziamo questa parola, ottimisti, quasi sempre per identificare i sognatori, che si affidano alla speranza che le cose vadano bene. Io credo invece che, siccome sono un ottimista, ci debba essere un grande impegno, un costante rimboccarsi le maniche, e fare in modo che le cose inizino ad andare bene».

Tornando al Visconte dimezzato, e a proposito della sua attenzione ai giovani, pensa che questo tipo di racconto possa incontrare il pubblico giovane?

«La grandezza di Calvino è proprio questa, saper parlare ai piccoli, in quante scuole medie i libri della Trilogia degli antenati, sono stati libri di lettura obbligata, no? Ma saper arrivare anche a chi, più grande, ha qualche strumento critico in più, per chi il concetto di bene male con tutte le sfumature possibili è un po’ più chiaro, più definito».

Attore a 360 gradi, cinema teatro, tv, quale la dimensione in cui si trova meglio?

«Mi sento a mio agio in tutte le versioni di questo mestiere, perché avendo la fortuna di fare teatro e recitare davanti alla macchina da presa posso sviluppare al massimo le diverse sfaccettature del lavoro attorale».

Prossimamente, oltre a essere protagonista di alcuni film, sarà a dirigere un workshop e poi uno spettacolo al teatro alla Pergola di Firenze attorno al Caligola di Albert Camus con un gruppo di giovani attori.

«È questo un progetto cui tengo molto, perché mi viene naturale pensare ai giovani. Ed essendo un progetto di formazione diretto a giovani attori e attrici, mi da la possibilità di trasmettere quanto ho appreso in questi 25 anni di mestiere. Trasmettere loro quanto ho avuto la fortuna di aver appreso lavorando con grandi maestri. Mi rendo conto che le nuove generazioni hanno molti più strumenti di noi, ma hanno comunque una fame enorme di conoscenza, hanno internet che permette loro di arrivare ovunque in un decimo di secondo, però allo stesso tempo sentono forte il bisogno di avere dei punti fermi di riferimento. Che possono venire da noi che abbiamo un po’ più di esperienza».

Quali sono stati i suoi punti di riferimento?

«Fortunatamente ne ho avuti tanti, Luca Ronconi su tutti che per la mia formazione è stato importantissimo, ma anche Roberto Latini e poi sicuramente Antonio Latella, con cui ho fatto Kovalsky, parte che fu di Marlon Brando in un Tram chiamato desiderio di Tennesse Williams e Chi ha paura di Virginia Woolf di Eward Albee: Latella oggi è forse il regista che ha completamente rivisto il concetto di regia rinnovando profondamente il modo di fare teatro».

Oltre a Caligola di Camus, dove la vedremo prossimamente?

«Nel film di Virzì, ma anche nella serie per Disney Class I leoni di Sicilia, grande successo letterario di Stefania Auci dove interpreterò il ruolo di Paolo Florio, e poi un piccolo ruolo nell’esordio registico di Paola Cortellesi, una commedia non convenzionale intitolata C’è ancora domani».

Con Vinicio Marchioni sul palco di piazza Duomo i musicisti Leo Virgili chitarre, trombone; Walter Grison sax tenore e contralto; Gabriele Cancelli tromba, flicorno; Marco D’Orlando batteria e Andrea Medeot contrabbasso.

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