“Make Room”, il retroscena di un film hard

I film porno sono come quegli spazzolini usa e getta che vengono forniti quando si fa un viaggio notturno in treno. Un oggetto di consumo immediato, per un’immediata soddisfazione. Un prodotto fatto apposta per non starci troppo a pensare su, ché una volta finito di utilizzare te ne dimentichi. Eppure. Eppure né gli spazzolini usa e getta, né tantomeno i porno si fanno da soli. C’è chi ha avuto l’idea, chi ha deciso di applicarsi per realizzarla e produrla al meglio per il consumatore finale. Il regista giapponese Kei Morikawa ha così deciso di spostare la telecamera dal set ai camerini, per mostrarci il mondo che normalmente s’ignora e che, invece, esiste vivido dietro i riflettori del cinema per adulti. Make Room, vincitore della sezione Off Theater dello Yubari International Fantastic Film Festival, è un film estremamente teatrale nella sua essenza. È interamente girato, infatti, nei camerini di un set, dove s’incrociano non più di una manciata di persone, tutte impegnate nella realizzazione delle riprese di un hard movie. La quasi totale staticità delle scene, però, è annebbiata dall’immaginazione che riescono a creare rispetto alle loro esistenze le attrici che, una alla volta, raggiungono il camerino per prepararsi alle riprese. Personaggio cardine è una truccatrice composta e riservata, capace non solo di donare una nuova immagine alle attrici (quello del make up, non dovrebbe servire sottolinearlo, è un ruolo fondamentale nell’industria del porno), ma anche di diventare all’occorrenza una sorta di sorella maggiore, una confidente con cui le ragazze possono sfogarsi. Ed è proprio la truccatrice (interpretata dall’imperturbabile Aki Morita) la figura in grado di calamitare la percentuale più alta di empatia, trovandosi in mezzo ad uno staff disorganizzato, un regista irascibile, assistenti che non arrivano mai e attrici che si spartiscono i classici ruoli, dalla diva all’emotiva, passando per quella pronta a tutto. Già, perché non ci si deve dimenticare che il tutto è costruito nel dietro le quinte di un set pornografico, anche se i pochi nudi che s’intravedono sono ben lontani dall’essere provocatori e servono giusto ad aggiungere un po’ di malizia alle scene girate nella fioca luce del camerino. La forza di Make Room sta dunque nella capacità di Kei Morikawa di raccontare non solo i retroscena di un prodotto “usa e getta” quali sono i film porno, ma anche di avvicinare una fetta di pubblico più ampia ad un mondo, quello dell’hard, a volte e ingiustificatamente frainteso come popolato da star eccentriche e personaggi caricaturali, invece che da persone qualsiasi con una vita dentro gli schemi.
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