L’ufficiale che rifiutò di obbedire ai nazisti divenne un martire della Resistenza

L’anniversario della morte di Giovanni Battista Berghinz avvenuta 75 anni fa. Lo torturarono, ma non parlò. Finì in un forno della Risiera. Portano il suo nome la caserma di via San Rocco a Udine e un’aula dello Stellini

Il tenente Giovanni Battista Berghinz era uno che ci credeva, un italiano innamorato dell'Italia, come lo erano stati gli illustri antenati che avevano seguito Giuseppe Garibaldi nelle sue imprese. Era cresciuto sotto il fascismo, era un nazionalista convinto. All'avvicinarsi della guerra si iscrisse alla scuola allievi ufficiali d'artiglieria, diventando poi osservatore aereo.

Fu destinato a vari fronti: Balcani, Libia, Francia. E intanto fermentò in lui una nuova consapevolezza, quella magistralmente e dolorosamente narrata da Nuto Revelli, che aveva affrontato lo stesso percorso umano e militare di Berghinz. Ne “La guerra dei poveri” scrisse: “Il volto della patria mi appariva falso e gonfio di retorica. Era il volto del fascismo, dei campeggi, delle adunate oceaniche, dei falsi giuramenti a dozzine dei gerarchi imboscati, della guerra facile...”.

A ricordare questo eroe è stata la nipote Alessandra Bernabò con un necrologio apparso domenica sulle pagine del Messaggero Veneto
A ricordare questo eroe è stata la nipote Alessandra Bernabò con un necrologio apparso domenica sulle pagine del Messaggero Veneto

Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, davanti all'ordine che i tedeschi impartirono ai militari italiani di aderire alla Repubblica mussoliniana di Salò, Berghinz prese una decisione drastica e definitiva: fuggì, in qualche modo raggiunse Udine, la sua città, partecipando alla Resistenza nelle file della Divisione Osoppo con il nome partigiano di Barni. Mesi tremendi, spietati, pericolosi, eppure Giobatta, che aveva frequentato il liceo Stellini, volle continuare gli studi e nel marzo del 1944 si laureò in giurisprudenza all'università di Bologna.

Il giovane avvocato tornò in Friuli e si immerse nelle attività clandestine, tra sabotaggi e audaci colpi di mano, finché alcune spie svelarono ai nazisti il nascondiglio. In un primo momento riuscì a fuggire attraverso i tetti, ma dalla casa del fascio lo videro e Berghinz venne catturato. Era il luglio del '44.

Portato nel comando dei servizi di sicurezza, in via Cairoli, fu sottoposto ad atroci torture, ma lui non parlò, non svelò i nomi dei compagni. Lo trasferirono allora nelle carceri del Coroneo a Trieste dove del suo interrogatorio si occupò in persona Odilo Globocnick, terribile capo della polizia del Litorale Adriatico, e lui tacque ancora. Andarono infine a prelevarlo con una macchina nera conducendolo alla risiera di San Sabba, campo di sterminio creato dai tedeschi dentro una vecchia fabbrica. Di nuovo torturato, ormai cieco, di lui non si seppe più nulla. La data della morte nel forno crematorio è indicata come 11 agosto 1944.

A ricordare questo giovane meraviglioso, questo eroe silenzioso, è stata la nipote Alessandra Bernabò con un necrologio apparso domenica sulle pagine del Messaggero Veneto, nel 75.mo anniversario della scomparsa del tenente avvocato. Alessandra ha ricordato a tutti noi quella vita, quel tragico epilogo, il suo esempio che non va dimenticato.

A Berghinz, medaglia d'oro al valor militare, sono intitolate in città la caserma di via San Rocco e un'aula del liceo Stellini, ma anche il Comune di Montecatini Terme gli ha dedicato una strada. Giovanni Battista infatti lì nacque l'8 febbraio 1918 perché la famiglia era sfollata dopo la rotta di Caporetto. A

nche le vicende dei Berghinz sono straordinarie e da sole meritano un romanzo, come sottolineò in un articolo del 2009 il giornalista Mario Blasoni. La famiglia era originaria delle lande boscose a cavallo tra Austria e Slovenia, nel cuore dell'allora Impero asburgico. A giungere per primo a Udine fu Cristoforo Berghinz, piccolo imprenditore tessile che nel 1839 comperò un palazzo in via Superiore dove aprì un setificio. Ebbe numerosi figli tra i quali i garibaldini Bernardino e Augusto, quest'ultimo avvocato e importante politico dopo l'annessione del Friuli al Regno d'Italia, prima di emigrare a Buenos Aires.

Un terzo fratello, Giuseppe, era il padre di Guido Berghinz, medico e celebre pediatra, e di Raffaello, avvocato e padre del tenente Giovanni Battista, il nostro straordinario eroe. La mamma, Maria Cristina Piani, visse più di 90 anni dedicandosi sempre al ricordo del suo ragazzo, finito a 26 anni come polvere nel vento, a San Sabba, per non aver voluto tradire. Aveva fatto una scelta precisa, da italiano, fino alle estreme conseguenze. Ricordarlo in questo agosto, 75 anni dopo, era giusto. Il sacrificio di Berghinz, che drammaticamente aveva aperto gli occhi sul mondo e non voleva più tornare indietro, ci può dire tanto, anche al giorno d'oggi.

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