La Cividale di Bluewater raccontata da Perazzi: due settimane di riprese
Un dramma psicologico finito nel cartellone di Prime Video: «Volevo che la solitudine dei personaggi fosse evidente»

Werner Herzog, il regista, sceneggiatore, documentarista di Monaco, gli fornì il movente per diventare regista in due settimane e così il dottor Mauro Perazzi, farmacista di Palmanova — nato a Salò e friulano per amore — ne approfittò per inventarsi un lungometraggio: “Bluewater”, dramma psicologico ora finito su Prime Video. Eccome no, proprio lì. Non capita sovente a un film indipendente di stare nell’elenco della piattaforma di Amazon, ancor meno a un’opera fatta in casa tipo questa «con un budget ristretto — precisa Perazzi — completato in quindici giorni interamente a Cividale, senza grandi aiuti e con cinque attori».
A smuovere progetti è sempre la passione, e cosa sennò, direte voi. «Da sempre il cinema è un desiderio forte — spiega Mauro — che finora mai si era concretizzato in un qualcosa di certo, restando sospeso per anni. Ascoltando Herzog mi resi conto che forse anch’io avrei potuto caricarmi sulla schiena un qualcosa di molto pesante come, appunto, affrontare il cinematografo da solo. Si comincia dalla scrittura, certo, da un soggetto, e il disagio familiare mi è sembrato un buon argomento da sviscerare. Sono un figlio unico e quello che tutti noi cerchiamo di capire è una sensazione che non abbiamo vissuto, ovvero, nel mio caso, il mondo della sorellanza».
Giulia e Giuditta si spartiscono spicchi di giovanile esistenza. Il motivo emerge subito: Giulia guidava l’auto uscita di strada e Giuditta è rimasta ferita perdendo momentaneamente anche la vista. L’acqua che purifica è quella di una piscina (e del Natisone): per espiare le colpe Giulia cercherà di conquistare la carta Olimpica al posto della campionessa Giuditta.
A questo faccia a faccia di graduale tensione s’inseriscono umanità a loro vicine ed è inevitabile che gli equilibri perdano forza con l’ossessiva figura paterna che le voleva entrambe nuotatrici mondiali. È un racconto contemporaneo di disagio sostenuto dalla menzogna o, per lo meno, la identifichi in un finale assolutamente sospeso.
Mi scusi, ma cos’è che Herzog ha trasmesso all’appassionato cinefilo farmacista?
«Suggerimenti basici per affrontare un breve percorso artistico. Ero ben conscio che non avrei avuto chissà quali mani tese per gettarmi con un doppio carpiato nell’avventura. Facile se hai budget corposi, altrimenti vai avanti con le idee. Quelle per fortuna sono gratis. Bisogna averle, però».
A quanto pare lei le ha messe insieme ’ste idee anche con una certa arte. C’è un regista in particolare che l’appassiona?
«Ingmar Bergman non ha rivali. E proprio in onore a questo immenso uomo di cinema che la mia storia s’ispira, con le umili proporzioni, spero sia chiaro. Nessun tentativo d’imitazione, per carità. È proprio ammirando lui che inevitabilmente amo i sobbalzi a volte carichi di imprevedibilità dell’animo umano».
A quanto si legge sulla locandina Mauro Perazzi ha scritto, diretto e musicato. Una specie di “one man band”.
«Varie aspirazioni si affiancano per la creazione di un’opera complessa. Oltre a dilettarmi, credo sia la terminologia giusta, con la cinepresa non disegno la composizione musicale».
Ma davvero ha fatto tutto ma proprio tutto da solo?
«Tutto no. Ho creato una piccola troupe e scelto un bravo direttore della fotografia, Riccardo De Cal. Vorrei, se posso, ringraziare le due protagoniste Beatrice Schiaffino e Arianna Moro, oltre a Daniela Delle Cave, Enea Marangoni e Federico Giunti. Ci siamo presi due settimane di riprese e non un giorno di più. Poi è scivolato via un anno per il montaggio».
Cividale è stranamente deserta. Ha deciso lei di svuotarla?
«Volevo che la solitudine dei personaggi fosse evidente».
Bel colpo finire nel catalogo di “Prime Video”.
«Lo devo a chi si è occupato della distribuzione. Pare strano, ma è stato più semplice trovare una piattaforma in America piuttosto che qui in Italia, anche se in qualche prima serata di tv italiane siamo finiti».
Che dicono i suoi clienti?
«Tendo a non mescolare mai lavoro e piacere».
Progetti nuovi?
«Una trilogia di cortometraggi dedicati al cambiamento climatico: Sete, Suolo, Sciame».
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