Il connubio tra donne e montagna finisce in un libro
La storica dell’arte Camilla Maria Anselmi presenta “Dov’è il mio cuore”: illustrazioni di Luca Pettarelli, prefazione di Linda Cottino

Il connubio tra donne e montagne, questo sconosciuto. Negli ultimi anni la letteratura di montagna dà sempre più riscontri in merito al lungamente negletto ruolo delle donne nella partecipazione alla costruzione dell’attività, dei significati e dell’immaginario legato ai monti stessi in tutte le loro sfaccettature. Esemplari sono stati i lavori di autrici che negli anni si sono dedicate a ricerche che hanno portato alla luce esempi femminili dimenticati, tra le quali vanno ricordate Ingrid Runggaldier per l’area altoatesina, la piemontese Linda Cottino, il cui ultimo lavoro Una parete tutta per sé, è stato pubblicato nella udinese Bottega Errante Edizioni e la recentemente scomparsa Daniela Durissini, triestina e autrice di due volumi dedicati alle donne alpiniste in Friuli Venezia Giulia.
Aggiunge ora elementi di valutazione e interesse il lavoro realizzato dalla storica dell’arte milanese Camilla Maria Anselmi e appena pubblicato da MonteRosa Edizioni nella collana Le Rose Selvatiche, Dov’è il mio cuore. Viaggio biografico tre i rifugi e i bivacchi italiani intitolati alle donne.
Il libro, arricchito per ciascuno dei quarantotto capitoli dalle pregevoli illustrazioni di Luca Pettarelli create ad hoc e dalla prefazione di Linda Cottino, porta alla luce per la prima volta quanti sono i rifugi e i bivacchi distribuiti sull’arco alpino italiano dedicati alle donne. In totale sono circa settecento i rifugi del Club Alpino Italiano sparsi sulle montagne della nazione, un migliaio se si includono quelli non del Cai: quelli con intitolazione muliebre censiti dall’autrice sono solo una cinquantina.
Di ciascuna protagonista viene tracciato un ritratto e, quando possibile, ricostruita la biografia e si scoprono storie intrecciate e parallele. Tra il 1881 e il 1893 quattro “capanne” – così venivano chiamati i manufatti all’epoca – meritarono una intestazione femminile e si trattava di nobildonne e della regina Margherita di Savoia.
Negli anni non è stato il ceto né il censo o lo scettro a far la differenza e la montagna è diventata più “popolare”. «All’origine del titolo di questo progetto vi è una ragione d’affezione e un’emozione – scrive l’autrice nella premessa –. Le dedicazioni di bivacchi e rifugi rappresentano la memoria di persone a volte scomparse tragicamente, a volte di persone care, a volte rimandano a grandi imprese compiute o al merito di chi ha finanziato la struttura. In tutti i casi è come se il cuore di queste persone e l’affetto di chi le ricorda continuasse a vivere in questi luoghi».
Questo insieme di valori affettivi viene restituito dalla penna dell’autrice, il cui lavoro di ricerca è scaturito dalla scoperta casuale, durante un’escursione al Monte Rosa, del Bivacco Luigina Resegotti a 3.624 metri di quota e dalla curiosità di scoprire l’identità della dedicataria.
Degli esempi citati nel libro, che raduna i rifugi e i bivacchi al femminile regione per regione, sei si trovano in Veneto e tre si trovano in Friuli Venezia Giulia: questi ultimi sono il Bivacco Olimpia Calligaris, non più esistente dal 1997 e fino ad allora ubicato nella Valle di Riofreddo, nel Tarvisiano; il Bivacco Damiana Del Gobbo nel Sappadino, dedicato ad un’alpinista che ha perso la vita in parete durante un’ascensione e il bivacco Anita Goitan, ancora esistente ma inagibile per la presenza di amianto nella struttura, che si trova nelle Dolomiti Friulane, nel gruppo delle Caserine Cornagèt. Manca nel libro il Bivacco Edvige Muschi Zuani, mero riparo in roccia lungo la selvaggia via di Dogna al Montasio, che verrà inserito nella prossima edizione del volume.
E manca, perché ancora non esiste, un rifugio dedicato alle Sorelle Grassi, storiche pioniere dell’alpinismo nostrano, per la cui co-intitolazione si presterebbero Casera Canin in Val Resia, struttura di cui le tre sorelle tolmezzine fruirono durante l’ascensione al Canin descritta da Giovanni Marinelli, o il Rifugio Monte Sernio, alla base della montagne che le rese note al mondo alpinistico per la prima ascensione del 1879.
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