L’udinese Rocco Rescigno tra i virtuosi del trombone «Una vita per la musica»
Dal Conservatorio Tomadini alle grandi orchestre europee: «Una mia aspirazione? Suonare nella banda di Passons»
Rocco lo dice fiero: «La mia vita è per la musica». Una vocazione rimasta quieta per pochissimo, almeno fino al giorno della duplice iscrizione: liceo Marinelli e Conservatorio Tomadini per Rocco Rescigno, udinese del 1992, a oggi uno dei più quotati trombonisti d’Europa. «Scordare le origini sarebbe davvero irriverente: a sei anni ero un allievo della scuola di musica di Passons e scelsi già il mio futuro: un giorno suonerò nella Banda. Sono un testardo io».
È andato ben oltre l’obiettivo di un bimbo volonteroso seduto davanti a un pianoforte: poi si unirono l’organo, il trombone e il sassofono.
«Probabilmente non avrei raggiunto la Germania così presto senza uno studio corretto e insegnanti fantastici. In realtà seguo delle regole piuttosto ferree: intanto amo studiare, è la mia comfort zone, vado a dormire presto e mi alzo presto, al mattino si libera un’energia produttiva irrinunciabile».
Quindi lasciò la città da ragazzino. E perché proprio a Berlino?
«A Povoletto c’è un concorso per giovani strumentisti. Mi suggerirono di inscrivermi ed eventualmente di riscrivermi, semmai non avessi raggiunto risultati soddisfacenti. Infatti riuscii nell’impresa. Volai nella capitale tedesca nel 2011 e affittai un appartamento da una coppia di Conegliano. Pensi lei. L’ho già detto che sono uno fortunato?».
Ancora no. Onesto a dichiaralo.
«Perché dovrei nasconderlo. La buona sorte sorregge la volontà. In giuria sedeva il professor Marco Ilic. Un mentore fondamentale in questo percorso tortuoso. Se possibile vorrei rievocare anche il mio primo concerto all’Aquila dopo il terremoto con Nicola Piovani e Franco Piersanti nella formazione dell’Orchestra nazionale dei conservatori. Suonammo, quindi, all’anteprima del film di Nanni Moretti “Habemus Papam”».
Se le dico “Bachelor of Music”?
«Le rispondo la mia prima classe di trombone con Stefan Schulz. Per quattro anni studiai e basta. E non è un modo di dire. Nel 2015 ricevetti il riconoscimento di “Outstanding Student of the Udk Berlin. La cosa curiosa è che in Italia nessuno mi conosce. Qualcosa sto facendo adesso per il Regio di Torino. Mi chiamano “quello di Berlino”».
E subito arrivò la Gustav Mahler Jungendorchester.
«Poco dopo, diciamo. Fu una soddisfazione pazzesca raggiungere l’orchestra giovanile più prestigiosa del mondo. Seguirono esperienze su esperienze con i grandi direttori d’Orchestra quali David Barenboim, Christian Thielemann e Zubin Metha che mi fecero guadagnare sul campo l’onore di essere primo trombone solista dei Duisburger Philharmoniker. A questo punto della storia ci sta il racconto di un tipico tiro del destino. Posso?
Deve, Rocco.
«Stavo per entrare in sala prove quando squillò il cellulare. Un attimo prima che lo spegnessi. Era il portavoce della Filarmonica di Monaco, al numero uno del ranking europeo, che mi chiese un favore: il nostro primo trombone si è infortunato, verrebbe lei a Colonia urgentemente? Quando domandai quando, fra un’ora mi rispose lui. Telefonai subito al mio manager il quale mi rispose: vai. Chiamai un taxi, raggiunsi casa per ritirare il frac e scesi davanti all’ingresso del teatro. Giusto in tempo. Sullo spartito mi trovai Mahler. Lo conoscevo per fortuna, andò benissimo e cominciai una nuova collaborazione».
Lei ha un mantra?
«Direi meglio quattro regole: amore per lo studio, che mai e poi mai mi annoia, la dedizione totale all’insegnante, credere nell’obiettivo da raggiungere ed essere un testone. Quest’ultimo punto è una ripetizione, ma va bene sottolinearlo».
Alla sinfonica lei accosta la musica contemporanea.
«Una passione incredibile. Lavoro con i compositori ed è bellissimo notare come il loro partorire un’opera corrisponda al parto naturale. E io mi sento molto ostetrica quando li affianco».
Che aspirazioni può avere un numero uno come lei?
«Suonare nella banda di Passons». —
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto