Lo chef: «La cucina italiana nutre il mondo»

La lezione di Vittorio Fusari agli studenti del Laboratorio di Gemona provenienti da 32 Paesi
Di Piero Cargnelutti

GEMONA. La cucina italiana, un sapore in continua contaminazione, ma in grado di affrontare il tema riguardante la nutrizione del mondo scelto come leitmotiv dell’Expo di Milano. Parola di Vittorio Fusari, chef da stella Michelin e Due forchette al Gambero Rosso, che ieri è stato ospite del Laboratorio internazionale della comunicazione dove ha tenuto una lezione agli studenti provenienti da 32 Paesi diversi che in queste settimane stanno studiando lingua e cultura italiana a Gemona. Quella di Fusari è una carriera lontana dai grandi clamori mediatici, pur di fronte a determinati riconoscimenti e importanti esperienze come la gestione di Dispensa Pani e Vini sul lago di Iseo, un ristorante con osteria e bottega-enoteca realizzato con la collaborazione con il celebre imprenditore Franciacorta Vittorio Moretti.

«Il gusto per le cose buone fa parte del Dna dell’Italia, poi è chiaro che viviamo in una società fatta anche di economia aggressiva, per cui a volte c’è chi compra spinto più dalla pubblicità che dalla conoscenza», così ha risposto Fusari a una studentessa argentina che gli chiedeva cosa ne pensava del “consumatore italiano”. Il cuoco bresciano ha più volte richiamato l’alto valore della biodiversità che caratterizza la gastronomia italiana dovuta in particolare alla sua posizione geografica e soprattutto alla capacità di fondersi con altri culture. «Pensiamo agli spaghetti con il pomodoro – ha spiegato Fusari – che è quello per eccellenza italiano, eppure prima di 250 secoli fa non esistevano in Italia perché i pomodori non erano ancora arrivati. C’è da dire che quando certe esportazioni erano bloccate sono stati prodotti dei capolavori: quando non arrivava il cacao dall’America si inventò il gianduia con la pasta di noci che è incredibile».

Insomma, l’Italia esprime il suo dinamismo e le sue capacità in modo particolare anche nel cibo, nella sua capacità di trasformarlo in qualcosa di unico. L’esempio è stato il riso, scelto da Fusari e con il quale ha cucinato di fronte ai ragazzi: «Il riso – ha spiegato – viene in particolare da luoghi piovosi e caldi come Cina e India. Il prodotto finale dipende dalla cultura: in Oriente hanno bisogno di compattarlo, noi invece facciamo in modo che i chicchi si dividano. Siamo quello che mangiamo, ma anche quello che non mangiamo».

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