L’Italia in treno sul binario della nostalgia

Paolo Gaspari pubblica il saggio di Guido Magenta arricchito dalle tavole di Beltrame e Molino
Di Romano Vecchiet

ROMANO VECCHIET. Che il treno abbia da sempre avuto un grande appeal nei confronti di illustratori, registi e fotografi, lo sospettavamo ormai da tempo. Basti pensare alle pionieristiche immagini cinematografiche dei fratelli Lumière, che riprendevano un treno in arrivo alla stazione, visione che causava paura e scompiglio tra quei primi inermi spettatori. Ma anche il ricordo di piú di qualche copertina a colori della Domenica del Corriere che aveva il treno come protagonista, fermato da qualche giovane eroe poco prima che potesse precipitare in un baratro, o attentare alla vita di qualche infelice suicida. Sono le tavole di Achille Beltrame o, piú tardi, di Walter Molino, dettagliatissime per le parti tecniche del treno rappresentato, superiori per i particolari evidenziati a una fotografia a colori, ma che sapevano aggiungere l’emozione di sguardi vibranti, di orgogliosi abbracci, o la serenità di pericoli appena sventati.

Ora tutto questo colorito mondo italico, che ha avuto nel treno il suo elemento connotativo principale, è stato ricordato in un volume molto speciale e davvero unico nel suo genere che, partendo da una collezione di tavole illustrate della Domenica del Corriere e di Tribuna illustrata, ha via via allargato la sua analisi a tutti i principali giornali illustrati a cavallo dei due secoli, l’Otto e il Novecento, offrendo una panoramica vastissima di emozioni, retorica e populismi di ogni natura.

Il libro di cui vogliamo parlare, che si avvale della prestigiosa presentazione di Mauro Moretti (presidente di Fondazione Fs), è opera di Guido Magenta, ingegnere meccanico specializzato in trasporti, e porta il bellissimo titolo di “L’Italia in treno. Storia e cronache dell’Italia in ferrovia nel racconto dei grandi artisti”. L’editore è l’udinese Paolo Gaspari (pagine 143, 29 euro).

Non vuole essere una storia della tecnologia del mezzo ferroviario, né una storia sociale del treno, e nemmeno la storia di una particolare linea o rete ferroviaria. Lo sguardo dell’autore è piú ampio e libero insieme, indirizzato soltanto dai colori di quelle tavole illustrate, e dalle emozioni che queste suscitavano e suscitano ancora oggi. Immagini che non seguono, né potevano seguire, un andamento logico troppo coerente, perché spesso legate alla cronaca piú spiccia, o alla propaganda di regime, che imponeva, nel pieno della tragedia di una guerra mondiale (la disfatta di Caporetto era trascorsa da un paio di settimane), struggenti saluti di una madre alla stazione per la partenza del figlio: Madre italiana: “Parti tranquillo, figlio mio: non piango. Piangerei se ti sapessi vile...”. O, analogamente, in un’immagine di Walter Molino del 18 luglio 1943, dal titolo “Italia impavida”, si mostra, in un quadro festoso e concitato insieme, come “anche quest’anno vengono inviati i bambini alle colonie elioterapiche. Partono a frotte su treni speciali, tra saluti di parenti e sventolío di bandierine”.

Guido Magenta però corregge a volte il tiro e non si affida soltanto ai pur splendidi lavori di Beltrame e Molino. Apre spesso delle doverose parentesi storiche, come quando affronta il tema della Shoah, che quei giornali illustrati ovviamente ignoravano.

Ma il libro si apprezza per la carica emotiva che, a parte qualche fotografia piú tecnica, promana dal suo insieme. Davvero il treno è penetrato nel nostro costume nazionale, accompagna i momenti salienti della nostra vita (guerre e matrimoni compresi), anche se c’è da chiedersi se tutto questo può dirsi ancora per l’oggi, in una società schiavizzata dall’uso dell’automobile, che ha da tempo spodestato, anche nel nostro immaginario, quel fascino antico e potente del treno in inesausto movimento.

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