L’Italia e l’ora segnata dal destino così Mussolini annunciò la guerra

Roma, Palazzo Venezia, 10 giugno 1940: Mussolini, davanti a una folla oceanica ed entusiasta, dopo un “parto” di nove mesi di “non belligeranza” (un’invenzione tutta italiana: né intervento né neutralità) dichiara guerra a Francia e Inghilterra con un famoso discorso. Chi non ha mai sentito frasi quali: «L’ora segnata dal destino… L’ora delle decisioni irrevocabili… Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell’Occidente… Vincere! E vinceremo, per dare finalmente un lungo periodo di pace con la giustizia all’Italia, all’Europa, al mondo!».
Il professor Emilio Gentile, che è stato ospite al teatro di Udine subito prima del lockdown, ha accettato di rispondere ad alcune domande sull’argomento.
Professore, che cosa determinò, alla fine di quel “parto”, l’ingresso in guerra?
«Furono decisive le vittorie tedesche nella “guerra lampo”, da aprile a maggio, e soprattutto la disfatta francese: quasi tutti coloro che erano ancora oscillanti o contrari all’intervento si convinsero della necessità di partecipare al conflitto».

Non è del tutto esatto, allora, dire che Mussolini trascinò l’Italia in guerra?
«La decisione fu di Mussolini. Salvo pochi preveggenti, ormai si riteneva che sarebbe stato folle rimanere fuori dai giochi e perdere grandi opportunità. Anche industriali e aristocratici che prima erano contrari, quando considerarono i vasti interessi nel Mediterraneo, in Africa o nei Balcani si illusero di una vittoria a portata di mano. E la follia dell’ambizione catturò un po’ tutti».
Mussolini avrebbe potuto fare diversamente, a quel punto?
«Di fatto, per lui era una scelta obbligata, peraltro preannunciata a Hitler fin dall’agosto precedente; aveva capito di non avere possibilità di convincerlo a rispettare gli accordi del Patto d’acciaio del maggio 1939, cioè di non entrare in guerra prima del 1943».
Già, perché l’Italia non era pronta…
«Non lo era né dal punto di vista militare né da quello economico-industriale. Dopo le enormi risorse impiegate in Etiopia e in Spagna, era impossibile sopportare il peso di una guerra così impegnativa: per questo il duce ottenne da Hitler una dichiarazione pubblica sulla non immediata necessità dell’intervento italiano».
Concretamente, che cosa sperava Mussolini?
«Fino alla primavera del 1940 auspicò che la guerra potesse prolungarsi senza l’intervento dell’Italia e con il logoramento dei due schieramenti (Germania da una parte, Francia e Inghilterra dall’altra), per giocare ancora una volta il ruolo di mediatore: proprio come aveva fatto nel settembre 1938 a Monaco, dove aveva persuaso Inghilterra e Francia ad accettare il piano di Hitler».
E poi?
«Poi, quando si rese conto che la Francia e soprattutto Inghilterra non avrebbero accettato l’offerta di una pace di compromesso, già proposta da Hitler nell’ottobre del 1939, comprese che non poteva non intervenire».
Ma non avrebbe proprio potuto rimanere neutrale?
«La neutralità, per Mussolini, significava smentire venti anni di esaltazione della guerra e il principio etico enunciato pubblicamente dal duce a Berlino nel settembre del 1937: «Quando hai un amico marci con lui fino in fondo». Una Germania vittoriosa da sola nulla avrebbe concesso all’Italia e, forse, si sarebbe vendicata del “secondo tradimento” italiano, dopo quello del 1914; una Germania sconfitta avrebbe segnato una sconfitta del regime fascista in Italia».
La situazione, tuttavia, era alquanto intricata…
«In effetti, Mussolini mirava non solo all’egemonia nel Mediterraneo e all’accesso agli Oceani, ma anche all’espansione nei Balcani; però anche la Germania mirava ai Balcani… Inoltre riteneva di essere stato ingannato dal Patto Ribbentrop-Molotov stipulato fra Germania e Urss nell’agosto 1939: proprio lui, il promotore e capo della crociata occidentale contro il bolscevismo, si trovò spiazzato dall’alleato Hitler, che si accordava con il massimo capo del bolscevismo! Per ripicca verso gli inganni dell’alleato, Mussolini nell’ottobre del 1940 aggredì la Grecia senza avvertire il Führer».
Con conseguenze gravissime, però.
«Sì, perché fu necessario l’intervento tedesco per sottomettere la Grecia. Fu l’inizio della definitiva subordinazione dell’Italia».
A suo parere, quella subordinazione sarebbe perdurata anche in caso di vittoria dell’Asse?
«Penso che l’Italia sarebbe rimasta comunque un satellite della Germania e che il sogno di Mussolini, di essere il creatore di una nuova civiltà europea, sarebbe svanito».
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