Linussio, l’imprenditore che trascinò la Carnia nella “rivoluzione” degli sci moderni

Un convegno sulla storia e la cultura d’impresa in montagna L’evento organizzato da Confindustria a palazzo Torriani

Alessandra Ceschia

Era abituato a scalare le montagne Jacopo Linussio. E con il suo passo «lento e regolare» ha segnato il cammino dell’imprenditoria friulana portandola ai vertici internazionali nella produzione degli sci. Parte dalla geniale intuizione di un imprenditore di montagna e dalla sua iniziativa industriale nel settore sportivo che ha saputo valorizzare un intero territorio e la sua comunità il ponte narrativo che Confindustria vuole tracciare sulla cultura di impresa in montagna, dall’epoca di Linussio alla Quarta rivoluzione industriale.

A illustrare la figura del padre è Anna Linussio, protagonista assieme a Roberto Grandinetti, docente di management all’università di Padova, e a Roberto Siagri, amministratore delegato di Eurotech Spa di Amaro, della tavola rotonda moderata da Alberto Terasso che si terrà venerdì alle 18 a palazzo Torriani, cui interverrà Damiano Ghini, delegato alla Cultura di Confindustria Udine. Fare impresa in montagna si può e si deve. Come si può e si deve eccellere. E per comprenderlo la parabola esistenziale della famiglia Linussio è essenziale. A partire da quello che viene considerato il primo imprenditore della Carnia, Jacopo Linussio, che nel 1717 si mise in proprio, trasformando la casa paterna in un opificio. Diede vita a tre importanti stabilimenti tessili a Tolmezzo, Moggio Udinese e San Vito al Tagliamento e divenne il primo imprenditore in Europa a concepire il lavoro a domicilio femminile, dando lavoro a 30 mila persone. «Mio nonno rifondò la tessitura a fine 800 – racconta Anna – riuscì a recuperare le attrezzature trafugate dall’esercito austroungarico durante la Prima guerra mondiale, ma quell’opificio non rientrò mai in funzione».

In quel clima contraddistinto dalla voglia di fare impresa Dante Linussio allevò il figlio Jacopo, nato a Tolmezzo nel 1904. A 20 anni già gestiva alcuni negozi a Tolmezzo, dove vendeva materiali tessili, ma anche casalinghi, cordame e ceramiche. Nel 1928 cedette i macchinari all’opificio udinese Spezzotti, che avrebbe dovuto ricostruire l’industria tessile a Tolmezzo. Ma la crisi del 1929 mise in ginocchio il settore archiviando definitivamente quel capitolo.

Jacopo Linussio ne aprì un altro acquistando la falegnameria della Lamborghini ski di Udine per poi portarla a Tolmezzo, dove aprì i battenti nel 1934 e proseguì la sua attività fino al 1974, quando fu venduta dando lavoro anche a 200 persone. Da quell’impresa partivano anche un centinaio di sci al giorno. E il suo peso specifico si misura non solo in termini di produzione, ma anche di affetto diffuso fra le tante famiglie legate indissolubilmente al destino di quell’opificio nel quale si faceva innovazione e si sperimentava. Un’impresa corale, che all’ingegno di un pioniere dell’industria, affiancò l’abilità di straordinari artigiani, fabbri e falegnami. In questo contesto, in cui mancavano materiali e i macchinari, ma non l’ingegno, ricorda Anna Linussio, maturarono invenzioni destinate ad avere risvolti internazionali.

«Fu alla Lamborghini che vide la luce lo sci moderno in fibra di vetro. Partendo da un’unica tavola in legno, si passò allo sci formato da tre strati poi m io padre brevettò quello in fibra di vetro individuando una soluzione che ha rivoluzionato la produzione in questo settore».Esperienze che nel 2013 hanno ispirato una mostra a palazzo Frisacco, il documentario di Giampaolo Penco e che potrebbero confluire in una pubblicazione. E c’è anche un progetto per la trasformazione di una parte di villa Linussio in un museo. —



Riproduzione riservata © Messaggero Veneto